Il Carnevale è alle porte e i dolci non possono mai mancare: frittole, castagnole e ovviamente Chiacchiere, dolci simbolo della settimana del martedì grasso, golosissime sfoglie di pasta fritte nell'olio bollente e ricoperte di zucchero a velo. Sapevate che le chiacchiere, preparate praticamente in tutte le regioni italiane, hanno origini antichissime? Scopriamole insieme.
Bugìe, galani, frappe, crespelle, cenci e crostoli: regione che vai, chiacchiere di Carnevale che trovi. La settimana del martedì grasso sta per iniziare e sulle nostre tavole non possono mancare questi deliziosi dolcetti croccanti e friabili, ricoperti con un generoso strato di zucchero a velo. Le chiacchiere sono il simbolo indiscusso del Carnevale e, fritte o al forno, sono parte della nostra tradizione culinaria probabilmente fin dai tempi dell'Antica Roma. La ricetta, molto semplice, viene tramandata di generazione in generazione e, come per ogni classico, ha trovato nei secoli varianti e qualche accorgimento. Scopriamo tutto quello che c'è da sapere sulle chiacchiere, tra storia e leggende.
Per scoprire la storia e le origini delle chiacchiere dobbiamo fare un salto indietro nell'Antica Roma: durante il mese di febbraio infatti venivano celebrati i Saturnali (festività molto simili al nostro Carnevale). Durante questi giorni di festa venivano preparate quelle che sarebbero poi diventate le chiacchiere: parliamo delle frictilia, dolcetti a base di uova e farina, fritti nel grasso di maiale e distribuiti alla folla che si riversava per le strade della città. Era abitudine del tempo preparare le frictilia in grande quantità, per la semplicità della ricetta e per gli ingredienti poveri di cui si componeva, in modo che si potessero conservare e gustare anche nelle settimane successive.
Come tutti i piatti della tradizione, anche le chiacchiere di Carnevale sono circondate da miti e leggende: tra tutte spicca quella napoletana. Secondo questa storia infatti, la ricetta delle chiacchiere sarebbe nata alla corte della regina Savoia che, in vena di intrattenersi con i suoi ospiti, chiese al pasticcere di corte Raffaele Esposito un dolce che potesse allietare e accompagnare le loro "chiacchiere". Il pasticcere allora chiamò "chiacchiere" i dolci proposti alla regina che ne apprezzò gusto, dolcezza e consistenza.
Regione che vai, chiacchiere che trovi: a Roma le chiamano cenci, a Bologna impastano le sfràppole e in Sardegna prendono perfino il nome di "meraviglie". Le chiacchiere si preparano praticamente ovunque e, nonostante i tanti nomi, la ricetta è principalmente la stessa: farina, uova, lievito ed un bicchierino di alcool (sambuca, vin santo, grappa o marsala a seconda delle tradizioni regionali).
Fritte o al forno, le chiacchiere vengono solitamente ricoperte di zucchero a velo o miele anche se non mancano versioni più golose a base di cioccolato: l'importante è che siano friabili e rigonfie cialde di pasta tirata molto sottile.
Il primo riferimento alle chiacchiere risale al ricettario "De re coquinaria", scritto nel primo secolo d.C. dal romano Marco Gavio Apicio che definisce le frictilia "frittelle di uova e farina fritte nello strutto e tuffate nel miele". Con il tempo l'olio di semi ha sostituito lo strutto ma ad un'attenta lettura sembra proprio che non ci siano dubbi: le chiacchiere sono simbolo di festa e convivialità da tempo immemore.