Domande che probabilmente nessuno si è mai fatto e risposte che forse nessuno ha mai chiesto. Il Pollo Arrosto Day lo celebriamo così, con i maggiori (secondo noi) dubbi su una ricetta amata da tutti. E di cui il Galateo ha riscritto le regole di consumo.
Quasi per ogni cosa, al giorno d’oggi, c’è una giornata dedicata e da tale regola non scritta non poteva di certo sfuggire il pollo arrosto. Una delle ricette più amate dagli italiani (una ricerca Doxa parla di oltre il 90%) ha il suo giorno speciale, che cade il 2 ottobre. Il Pollo Arrosto Day, per l'appunto.
Sin da piccoli siamo legati a questa pietanza e, sempre secondo l’osservatorio sopra citato, al 33% dei consumatori ricorda la loro infanzia. A non essere cambiato, probabilmente, il modo di mangiare il pollo arrosto: oltre il 50% degli intervistati lo consuma rigorosamente con le mani, difficilmente rinunciando a quella sensazione tattile capace di farci sembrare ogni cibo più buono e gustoso.
Ma, effettivamente, cosa dice il Galateo in merito? Il pollo arrosto è conveniente mangiarlo usando le dita o è meglio la forchetta? In quali casi? E ancora: è vero che la pelle del pollo fa male? Oppure possiamo mangiarla senza particolari timori? L’accostamento con le patate arrosto è, da un punto di vista nutritivo, azzeccato oppure meglio abbinarci qualche altro contorno? Le risposta alle domande che, probabilmente, nessuno si è mai veramente fatto (tranne noi, ovviamente).
Stando alla ricerca Doxa il 53% degli intervistati mangia il pollo arrosto con le mani, in particolar modo a casa e in famiglia, ma un'altra buona parte dei consumatori sarebbe disposto a farlo se il Galateo lo autorizzasse. Ebbene, per loro c’è una bella notizia.
L’Accademia italiana del Galateo infatti ha recentemente riscritto le regole dell’assaggio in un manifesto con spunti e consigli per gustare il pollo arrosto senza le posate. Abitudine consentita a patto che, ovviamente, venga mantenuta la decenza a tavola, e nel caso in cui ci ritrovassimo in contesti informali. Pollo arrosto con le mani a casa tra amici sì, quindi, pollo arrosto con le mani in un ristorante di alta cucina meglio di no, insomma.
Quanti di noi, sin da bambini, sono stati abituati a scartare la pelle dal resto del pollo. “Fa male”, “È grassa” le motivazioni che ci siamo sentiti maggiormente dire, e l’abitudine di togliere la pellicina (ahinoi molto gustosa, specialmente quando croccante) si è consolidata al punto che oggi la separiamo senza quasi accorgercene più. Ma è vero che la pelle del pollo fa male oppure è una falsa credenza? Detto come sia proprio lei la parte dell'animale più lipidica, l'eventuale consistenza crunchy testimonia come, in fase di cottura, abbia perso parte del suo grasso.
Molto, ovviamente, dipende anche da come il pollo viene cotto: se utilizziamo una quantità spropositata di olio la pelle ne andrà ad assorbire una buona parte. Una cottura più light, magari sul girarrosto, invece ci permetterebbe di consumare la pellicina della discordia senza particolari sensi di colpa. Purché sempre in un’ottica di consumo controllato. Ogni tanto, insomma, a certe condizioni si può sgarrare.
Guai a separare, almeno nell’immaginario collettivo, il pollo arrosto dalle patate. Un’accoppiata più affiatata di Stanlio e Ollio, più solida di Batman e Robin e più amata di caffè e cornetto. Da un punto di vista nutrizionale, però, l’abbinamento è corretto? Sarebbe preferibile usare un altro contorno con il nostro carnoso polletto? Detto di come quello tra proteine e carboidrati (quali sono le patate) sia un accostamento azzeccato, molto dipende dalle quantità utilizzate, dal modo di cottura e dalla qualità (must incondizionato) dei prodotti.
Per mezzo pollo sarebbe preferibile non consumare più di 200-250 grammi di patate, consigliabile inoltre la presenza di verdure di stagione, sempre in quantità non eccessive, oppure una bella insalata, così da abbassare l’indice glicemico delle patate e fare il pieno di vitamine, antiossidanti e fibre. La quantità di verdure? Possibilmente il doppio del peso rispetto alle patate.
L’importante è cuocere le patate chiare, senza che scuriscano. Non mettere quindi il forno a temperatura superiore ai 160 gradi (allungando un po’ il tempo di cottura) per non creare quel marroncino sulle patate, cioè acrilammide concentrata data dalla reazione in cottura di zuccheri insieme a determinati aminoacidi e potenzialmente nociva se assunta in grandi quantità (per quanto siano ancora in corso studi in merito).