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14 Aprile 2023 13:00

Chi fu Luigi Gatti: sul Titanic la tragica storia del maitre italiano che affondò in frac

La storia di un italiano che ce l'aveva fatta, il cui nome però è tristemente intrecciato a quello del Titanic e la sua tragica fine. Chi è stato Luigi Gatti, il manager e responsabile non solo del cibo sulla nave, ma anche del ristorante più esclusivo del transatlantico.

A cura di Alessandro Creta
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A bordo del Titanic, tra gli oltre 2000 passeggeri totali, c'era un italiano. In verità di italiani ce ne erano più di qualcuno, ma solamente uno di loro ricopriva un ruolo di primo piano sulla nave ritenuta inaffondabile. Il suo nome probabilmente non dirà molto a tanti, eppure Luigi Gatti era tra le persone più importanti salite quel 10 aprile del 1912 sul più grande e avanzato transatlantico dell'epoca. Passato alla storia dal lato decisamente sbagliato.

Ma chi era questo Luigi Gatti e che ruolo svolgeva a bordo dell'inaffondabile? Per quale motivo era così importante e come decise di accogliere il suo infausto destino, quando capì che per lui non c'era più nulla da fare? Piccolo spoiler: in maniera a dir poco elegante. Ma andiamo con ordine.

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Se spesso si è parlato della vicenda, e degli ultimi giorni, del Titanic dal punto di vista dei passeggeri capaci di mettersi in salvo, stavolta affrontiamo il discorso in maniera un po' inedita (e col cibo tra i protagonisti). Narriamo infatti la storia dell'italiano più importante a bordo, un ex garzone nel suo paese natio diventato responsabile del ristorante di lusso della ‘nave dei sogni'.

Chi era Luigi Gatti

Ma chi era Luigi Gatti e perché va considerato a tutti gli effetti l'italiano più illustre e importante a bordo del Titanic? Il nostro connazionale nacque a Montalto Pavese, nell'Oltrepò, nel 1875 ma da giovanissimo si trasferì in Inghilterra. Ad appena 15 anni infatti si stabilì a Londra pieno di sogni, progetti e speranze. E proprio nella City raccolse grandi fortune nel settore della ristorazione. Prima tanta gavetta, un lavoro da lavapiatti, poi la decisione di pedalare in solitaria aprendo prima un locale di proprietà, al quale ne seguì in breve tempo anche un secondo. Ad appena 35 anni Luigi Gatti poteva vantare ben due ristoranti di lusso, esclusivi, nella Capitale britannica. Locali nei quali lavorava attivamente e a tutto tondo nelle vesti di maitre e gestore della sala, con qualche necessaria capatina pure in cucina. Il nome di Gatti in breve tempo iniziò a circolare negli alti ambienti londinesi: l'italiano era conosciuto, stimato, e lui decise di circondarsi di personale (tra camerieri e cuochi) per lo più proveniente dal bel Paese. Gente affidabile, desiderosa di crescere professionalmente, con la quale si potesse confrontare liberamente e di cui si potesse fidare in toto.

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Il ristorante di prima classe del Titanic

Quando oltre Manica i dirigenti della White Star, la compagnia britannica proprietaria del Titanic e di altre grandi navi del tempo, dovettero scegliere il responsabile del ristorante di prima classe dello storico transatlantico non ebbero dubbi: Luigi Gatti. E lui non potè che accettare un incarico così importante, che l'avrebbe messo ancor più in luce di fronte all'aristocrazia dell'epoca. Basti pensare come a bordo, in prima classe, soggiornassero personalità come Benjamin Guggenheim, facoltoso imprenditore e padre di Peggy, alla quale è intitolato il museo di Bilbao, e Isidor Strauss, fondatore dei grandi magazzini Macy’s a New York. Persone, non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo, di cui era consigliabile e conveniente ottenere la stima. A Luigi, tra i nomi più importanti dell'alta ristorazione londinese, questa occasione quindi non poteva sfuggire e accettò l'incarico di guidare non solo la sala del più esclusivo ristorante del Titanic, ma anche di tenere sotto controllo tutta la situazione legata al cibo e le derrate caricate sulla nave. Fu lui, insomma, a decidere tutto ciò che i passeggeri dovevano e potevano mangiare. Il cibo stivato doveva coprire almeno tre pasti al giorno, dalla colazione a cena, per una settimana per l'interezza delle persone a bordo. Cosa fu caricato? Tra le altre cose 32.000 chili di carne fresca, 3.500 tra prosciutto e pancetta, 17.000 arance, 3.500 cespi di lattuga, 1.000 chili di caffè, 5.000 di zucchero, 7.000 bottiglie di birra e pure 8.000 sigari, buoni compagni magari di qualche bicchiere di rum per i post serata in mezzo all'oceano.

Tutto ciò che ruotava attorno al ristorante doveva insomma passare sotto l'occhio attento del manager. Non solo Gatti indicò il cibo che sarebbe dovuto esser imbarcato (non mancano specialità italiane come pasta di Gragnano e Parmigiano Reggiano), ma anche la scelta del personale venne eseguita dall'uomo originario di Montalto Pavese. Uno staff, tra camerieri e cuochi, di alto livello: persone di cui si poteva fidare, e in parte con cui aveva già lavorato a Londra. Tanti italiani, una trentina, non pochi francesi, circa 25, poi altri collaboratori inglesi, svizzeri o tedeschi. Tutti, poi, accomunati dallo stesso tragico destino la stessa tragica notte.

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Screen dal film Titanic

Fatto sta: al Gatti fu affidata la gestione del ristorante A La Carte (della catena Ritz) del Titanic, dove gli abbienti passeggeri potevano recarsi ogni sera per mangiare scegliendo dal menu ciò che era di loro maggiore gradimento. Un menu, ovviamente, scelto nella sua totalità dallo stesso italiano. Non solo, il nostro connazionale volle seguire anche la linea di cucina del ristorante destinato ai passeggeri di seconda classe (dove, tra l'altro, lui alloggiava).

Oggi i cartacei di quei menu sono ancora visibili, salvati dalle gelide acque dell'Atlantico da alcuni fortunati passeggeri che riuscirono a sfuggire dall'assideramento. Nessuno di loro però faceva parte dello staff di Gatti, e nemmeno lo stesso Gatti. Anzi, il restaurant manager decise di accogliere il destino (il suo e quello di quasi 1300 persone) con grande dignità. E altrettanta eleganza. Luigi infatti, così come i suoi sottoposti, dovette rassegnarsi al fatto di dover lasciare le scialuppe di salvataggio ai passeggeri paganti, tra tutti quelli di prima classe. Gli stessi di cui si occupò con cura e attenzione dei pasti durante la traversata. Consapevole di avere la propria sorte ormai segnata Gatti decise di mettersi in tiro e attendere l'ora fatidica: indossò il frac più elegante a disposizione, si sistemò un orologio d'oro, i gemelli da polso con incise le iniziali e un prezioso anello con tanto di diamante. Così venne ritrovato, ormai congelato, qualche giorno dopo da chi fu incaricato al ripescaggio delle vittime. In tasca fu rinvenuta anche una banconota da un dollaro, finita poi ai suoi parenti di Montalto Pavese, mentre la salma riposa ormai da 111 anni nel cimitero di Halifax in Canada.

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Foto da Facebook

Risulta un po' paradossale che, tutt'oggi, così poca gente conosca la storia di uno degli italiani più celebri al tempo nel mondo dell'alta ristorazione. Il cui nome è strettamente legato alla leggenda del Titanic. La nave ritenuta inaffondabile e nella quale per pochi giorni si consumarono alcuni i pasti più sfarzosi, esclusivi e buoni se non del mondo, quantomeno dell'intero oceano Atlantico. Tutto per merito del ‘nostro' Luigi Gatti.

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Quello che i piatti non dicono
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