Un nome singolare per un frutto che lo è ancora di più. O meglio, che lo era: la biricoccola oggi è rarissima e si coltiva solo in due aree d’Italia. Un vero peccato, perché è un frutto molto bello e molto buono, nato tra il 1600 e il 1700 da un “matrimonio” tra susina e albicocca.
La natura sa produrre dei frutti davvero sorprendenti, ma a volte anche la scienza riesce a stupire con le sue creazione. Ne sono testimonianza i frutti ibridi, tutti dai nomi un po’ stravaganti, dall’aspetto affascinante e dal sapore unico, come unica è la loro nascita.
Dopo averti parlato della dolce ciliegia-susina e del coloratissimo mapo, oggi ti raccontiamo la storia della biricoccola, un frutto ormai molto raro dalle origini antiche, nato da un’ibridazione naturale che ha dato vita a un frutto con la pelle delicata dell’albicocca a una polpa molto simile a quella della susina.
Nota anche con i nomi di susincocco, bricocola, barcoca o albicocca del papa, la biricoccola è un frutto bello e buono, ma che purtroppo oggi sta sparendo sempre di più. Come tutti gli ibridi, infatti, non si propaga selvaticamente ma necessita di un procedimento di innesto, pratica che ne rende la coltivazione poco agevole soprattutto ai fini della grande distribuzione.
La biricoccola è un frutto ibrido antico nato dall’incrocio tra l’albicocco con la pianta di susino. Da questa unione tutta particolare è nato un frutto unico nel suo genere, una piccola sfera di colore rosso caldo vellutata come un’albicocca ma dalla polpa interna succosa e giallognola come quella della susina.
Potrebbe sembrare un incrocio singolare, ma in realtà l’ibridazione è stata abbastanza semplice poiché susino e albicocco appartengono alla stessa famiglia, quella del Prunus. Non sono dunque piante così diverse tra loro, motivo per cui la loro unione ha funzionato. La pianta di biricoccola è molto bella, alta anche più di 5 metri, con grandi foglie dentellate che ingialliscono in autunno e fiori bianchi che crescono a grappolo.
Il sapore del frutto è ciò che rende questo frutto più particolare, perché non assomiglia a niente di conosciuto: la polpa succosa, infatti, ha una gentilezza simile all’albicocca ma un gusto acidulo tipico della susina. Le biricoccole, quando erano molto diffuse, erano ingrediente prediletto per preparare una marmellata lievemente asprigna con cui farcire crostate e dolci di pasta frolla.
Non si conosce l’origine precisa della biricoccola, ma sembra che le prime attestazioni di un frutto simile risalgano a un’epoca compresa tra il 1600 e il 1700, anche se il nome “biricoccola” venne ufficialmente accettato dalla lingua italiana solo nel 1800.
Alcuni studiosi affermano che la pianta ibrida potrebbe provenire dall’Asia, dove ancora oggi sarebbe abbastanza diffusa, ma quello che è certo è che la massima espansione dell’ibrido si ebbe nel 1700, quando la coltivazione italiana era molto estesa, localizzata soprattutto nel nord del Paese nelle regioni di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
Oggi la biricoccola non è più popolare con un tempo e sarebbe addirittura sparita se i piccoli agricoltori non avessero conservato la tradizione di questo ibrido, oppure non avessero abbracciato una di recupero dei frutti antichi, rari, e quasi dimenticati.
Al momento la coltivazione della biricoccola è localizzata in due regioni, la Campania e l’Emilia Romagna, e in base alla terra di appartenenza si hanno due varietà diverse del frutto ibrido. La biricoccola vesuviana è coltivata nel territorio campano e ha frutti più piccoli, un colorito meno intenso e un sapore molto aromatico.
La biricoccola gigante invece si coltiva nell’area del bolognese e, come suggerisce il nome, è un frutto dalle dimensioni più grandi, dalla buccia di colore rosso molto intenso e con una polpa estremamente succosa, dal gusto dolciastro più simile a quello dell’albicocca.