Il kala namak è un sale nero antico, che arriva dall'Himalaya e che sta prendendo sempre più piede nella cucina vegana grazie al suo particolare sapore di uovo e umami: ecco le sue proprietà e che ricette valorizza.
Nelle dispense occidentali si sta diffondendo solo ora, ma in paesi come India, Pakistan, Nepal e Bangladesh è un prodotto che si conosce da millenni, come ingrediente in cucina, ma anche come toccasana nella medicina ayurvedica. Stiamo parlando del kala namak, il sale nero indiano che si ricava dalle miniere vulcaniche e dai laghi che costellano la catena montuosa dell’Himalaya. Viene anche chiamato “sale dei vegani” perché è proprio nelle diete plant based che trova la sua maggiore applicazione: il suo utilizzo si è ormai espanso oltre i confini asiatici, merito soprattutto del suo sapore, un mix di uovo sodo e umami che lo rende particolarmente adatto a ricreare frittate vegan e condimenti gustosi a basso contenuto di sodio.
Nonostante sia popolare come sale nero, in realtà il suo colore si avvicina più al grigio-violaceo, tanto che a volte si può trovare con il nome di sale viola. Appena estratto non appare così scuro, ma rosato: è solo la seguente lavorazione e cottura che conferisce la caratteristica nuance, esaltando la presenza naturale dello zolfo anche nell’aroma e nel sapore solforoso, che ricorda appunto quello pungente dell’uovo sodo. Al suo interno è presente inoltre il cloruro di sodio (come nel sale classico, ma in proporzioni minori), insieme ad altri minerali, in particolare ferro e magnesio. Per questa composizione, gli si attribuiscono diverse proprietà: è utilizzato da sempre come rimedio ayurvedico ai problemi dell’apparato digerente, tipo gastrite e bruciore di stomaco, e non è raro trovarlo nei paesi dell’Asia Meridionale nelle Hajmola, compresse digestive dalle note dolci e speziate che potremmo paragonare alla nostra citrosodina in termini di benefici. In più è adatto a chi segue un regime iposodico.
Se nella cucina vegana internazionale il kala namak si presenta come una delle novità più interessanti che sta prendendo piede negli ultimi tempi, non è così nelle zone di cui è originario, dov’è considerato alla stregua di un ingrediente tradizionale molto versatile. Questo perché in paesi come l’India (specialmente quella settentrionale data la vicinanza con l’Himalaya), il Pakistan, il Nepal e il Bangladesh l’alimentazione si fonda principalmente su legumi e vegetali, insaporiti da una vasta gamma di curry e salse, un po’ come succede nella gastronomia giapponese con alghe e fermentati (per esempio il miso), capaci di dare quel tocco prelibato (e inaspettato per noi occidentali) ai cibi.
È’ importante però non pensare che il gusto sia proprio come quello dell’uovo, visto che la componente umami è fondamentale per descriverlo nel suo complesso: in urdu c’è una parola, chatpatta, usata per indicare qualcosa che in un sol boccone è salata, speziata, piccante e dolce, ed è questo l’effetto che dà ai cibi il kala namak. Il miglior metodo per introdurre il sale nero in cucina non è come sostituto del sale, ma sperimentandolo in unione con altre spezie ed erbe aromatiche, per creare la combinazione che piace di più.
Proprio perché questo sale nero è in espansione, ancora non è semplice da reperire nei negozi fisici, soprattutto quelli della grande distribuzione. Bisogna provare negli store specializzati in prodotti asiatici ed etnici, anche se la via più facile per acquistarlo è affidandosi ai rivenditori online. Viene venduto sotto forma di cristalli (tipo il sale grosso) o in polvere, e il prezzo si aggira attorno ai 35-40 euro al chilo.