Le castagne sono tra le delizie autunnali più buone, ma lo sai che non tutte sono commestibili? O meglio, c’è una specie che assomiglia tantissimo alla castagna ma che in realtà è frutto di un altro albero, l’ippocastano, ed è tossico: si chiama “castagna matta” ed ecco come riconoscerla per evitarle di mangiarla.
Se pensi all’autunno pensi automaticamente ad alcuni prodotti in particolare: la zucca, la cannella, i funghi e ovviamente loro, le castagne, uno dei cibi più amati in assoluto delle prime giornate fredde dopo la calura estiva. Che siano marroni o castagne (no, non sono la stessa cosa), che siano cotte sul fuoco, bollite o usate come ingrediente, le castagne sono le regine di questo periodo dell’anno.
Andare a raccogliere le castagne direttamente nel bosco è un’attività divertente, ma forse non sai che devi stare attento perché c’è un altro frutto non commestibile che somiglia tantissimo alla castagna. Si chiama comunemente castagna matta (o pazza) e anche se ti può sembrare in tutto e per tutto una normalissima castagna in realtà è frutto di un altro albero.
Anticamente alla castagna matta venivano attribuiti tantissime proprietà: per esempio si diceva che tenerne in tasca una proteggesse dal contrarre il raffreddore. Ovviamente queste credenze non hanno nessun riscontro scientifico, ma la castagna matta è effettivamente utile in alcuni ambiti. Tutt’oggi viene usata in erboristeria perché contiene l’escina, un principio attivo utile per il trattamento di vasi sanguigni, capillari e vene.
La castagna matta è tossica per l’essere umano, anche se risulta commestibile per alcune specie animali, e può portare a seri avvelenamenti. A un primo sguardo ti può sembrare uguale alla castagna presenta una serie di differenze. Impararle a conoscere e distinguerle ti consentirà di non confonderti durante la raccolta e di portare a casa con te solo le castagne buone.
Prima di tutto devi sapere che le castagne matte appartengono a una specie di albero completamente diverso: la castagna buona, infatti, è frutto del castagno europeo o Castanea sativa, mentre la castagna matta viene dall’Aesculus hippocastanum, comunemente conosciuto come ippocastano, albero usato puramente a scopo ornamentale. Il castagno è una pianta selvatica che cresce tra i 300 e i 1200 metri quindi tendenzialmente nei boschi troverai le castagne buone, l’ippocastano invece viene usato spesso per abbellire parchi, cortili e viali, quindi è più comune trovarlo in città.
Puoi riconoscere le due piante facilmente osservando le loro foglie, perché quelle del castagno sono singole e seghettate mentre nell'ippocastano sono composite e formano una sorta di palmo, ma anche dai rispettivi ricci. I ricci della castagna tradizionale sono marroni e con aculei lunghi e pungenti, mentre i ricci della castagna matta tende di più al verde e ha spine corte presenti in numero molto inferiore.
Veniamo ora al frutto vero e proprio, quello che desta maggiore confusione. Anche se sembrano simili, le differenze ci sono: la castagna pazza ha una forma più tonda rispetto alla castagna commestibile, è molto più piccola e ha uno o più lati schiacciati perché un singolo riccio può contenere fino a sette semi. Se tutto questo non è bastato e nelle tue castagne sono capitate anche castagne matte, potrai riuscire a riconoscerle al momento della cottura. Le castagne matte cotte in acqua emettono un odore sgradevole e comunque, da cotte, hanno un sapore spiacevole e molto amaro.
Le castagne matte sono tossiche per un essere umano e consumarle fa male all’organismo: nei casi più lievi può portare effetti irritativi, vomito e diarrea, ma in casi più gravi può portare fino a un vero e proprio avvelenamento intestinale o a lesioni renali. La colpa è della presenza delle saponine, sostanze irritanti per l’essere umano.
Se hai dubbi sui frutti ingeriti o se avverti sintomi come sono disturbi digestivi, dolori addominali, nausea, vomito o irritazione della gola dopo aver mangiato quelle che credi castagne, è meglio rivolgersi subito al medico di fiducia, andare al pronto soccorso o in un centro antiveleni. Ricorda, se ti è possibile, di conservare i resti dei frutti ingeriti o di scattare una foto per agevolarne l'identificazione in caso di sospetta intossicazione.