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30 Maggio 2022 12:01

Caro caffè: ecco le città in cui ordinare l’espresso al bar costa di più

L'espresso al bancone del bar è aumentato, in media, di 7 centesimi rispetto al 2021: le motivazioni che hanno portato a questo aumento (necessario) sono tante. Trento è la città più cara, Messina la più economica: divario tra Nord e Sud.

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Ormai è esplosa la bolla del "caro caffè": gli italiani si riuniscono al bar non più per conversare amabilmente ma per discutere il food cost di una tazzina. Innegabile l'aumento dei prezzi, sempre più alti e con rincari massicci rispetto al 2021, in alcuni casi a due cifre. Anche su questo tema l'Italia è però spaccata in due: Assoutenti ha stilato una mappa ufficiale sui prezzi dell'espresso nelle principali province italiane, dimostrando un divario tra il nord e il sud dello Stivale.

In Trentino il caffè più caro, in Sicilia quello più economico

Trentino Alto-Adige e Sicilia, due regioni agli antipodi sia geograficamente sia in questa classifica. L'associazione a tutela dei consumatori ha calcolato un aumento del 5,92% del costo medio nazionale per ogni tazzina: nel 2021 si assestava a 1,038, oggi è di circa 1,10 euro per un aumento di quasi 7 centesimi in un anno, una bella cifra.

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La tazzina più cara la troviamo nei bar di Trento dove l'espresso costa in media 1,25 euro, seguita a ruota da Bolzano con 1,24. Il podio è chiuso da Cuneo, in Piemonte, a pari merito con il capoluogo trentino a 1,24 euro. Altre cinque sono le province italiane in cui la tazzina di caffè al bancone abbatte la soglia psicologica di 1,20 euro: Ferrara, Ravenna e Reggio Emilia, tutte in Emilia Romagna, due in Veneto, ovvero Rovigo e Venezia. Sempre in Veneto ci sono due province che sfiorano questa cifra: a Padova e Vicenza il costo medio è di 1,19 euro.

Tutte nel Mezzogiorno le quattro province in cui l'espresso costa meno: quello più economico è servito nei bar di Messina, a 89 centesimi, seguito da Napoli con 90 centesimi e da due province calabresi, ovvero Reggio Calabria e Catanzaro, a 92 centesimi. Questo divario dovrà essere necessariamente colmato e le città del Sud Italia dovranno ambire ai costi del Trentino per offrire un prodotto degno di questo nome a tutti i clienti, tutelando al contempo i consumatori.

Lo psicodramma del caffè espresso

La ricerca di Assoutenti è presentata come una "denuncia" contro il caro prezzi ma è un punto di vista inqualificabile, che parte da un assunto totalmente sbagliato vista la natura dell'associazione. Assoutenti è infatti una no profit nata "per la tutela dei consumatori, attività di informazione, solidarietà sociale e tutela dei diritti civili, educazione al consumo". Se l'obiettivo è "informazione, solidarietà" e soprattutto "tutela dei diritti civili ed educazione al consumo" questa denuncia non s'ha da fare. Lo ribadiamo nuovamente: la tazzina di espresso dovrebbe costare 1,50 euro per essere sostenibile e non contribuire a generare povertà. Se un prodotto costa troppo poco ci sarà sempre qualcuno che la pagherà per noi, spesso con delle tragiche ripercussioni. Per difendere le fasce più deboli, in questo caso i coltivatori di caffè e i baristi che ce lo servono, bisogna necessariamente aumentare i prezzi e salvaguardare la salute fisica ed economica di queste persone.

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Questo discorso è ormai sulla bocca di tutti perché l'espresso è una questione sociale ma non sono solo i bar a pretendere un equo compenso per l'offerta. Nelle scorse settimane sono intervenuti esperti e ricercatori scientifici a sostegno dell'aumento dei prezzi. Vero è che l'aumento di 7 centesimi in un anno sia un rincaro davvero considerevole ma bisogna comprenderne i fattori: a incidere maggiormente è il cambiamento climatico, con le gelate che hanno colpito i principali esportatori del pianeta, a questo bisogna aggiungere il caro bollette e la crisi energetica che sta colpendo l'Occidente da quando la Russia ha invaso l'Ucraina. Come se non bastasse è importante sottolineare che il costo del caffè era già basso prima di questi eventi nefasti e che un aumento sarebbe stato necessario a prescindere da tutto, vista l'inflazione.

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Quello che i piatti non dicono
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