Ortaggi invernali meno popolari dei "cugini" carciofi, i cardi sono dei veri e propri amici del fegato, nonché protagonisti di ricette sfiziose, crudi per la bagna cauda o cotti in chiave healthy e comford food.
Tra gli ortaggi invernali meno diffusi c’è il cardo: la sua popolarità non è andata di pari passo con quella del carciofo, nonostante entrambi condividono l’appartenenza alla stessa famiglia botanica, quella delle Asteraceae, certe sfumature del gusto dolceamaro, e proprietà benefiche antiossidanti e depurative. I cardi sono rimasti maggiormente relegati alla cucina regionale: una tradizionale bagna cauda piemontese, per esempio, da disciplinare non ne può fare a meno. Allo stesso tempo, però, si tratta di vegetali versatili in cucina, da preparare in padella, al forno e anche fritti. Insomma, se dovesse capitare di trovarli dal fruttivendolo, non passare oltre, ma portane a casa un cespo e fanne un buon piatto.
Già conosciuto dagli antichi Romani, tra ricette con la cicoria e le fave, spuntavano anche quelle con il cardo, un ortaggio che dà il suo meglio in inverno e che fuori stagione è praticamente impossibile da trovare. Una pianta di nicchia, dal nome scientifico di Cynara cardunculus, che si raccoglie da ottobre a febbraio: si caratterizza anch’essa per avere un fiore (ma non commestibile) e dei gambi carnosi e teneri, le coste, ovvero l’unica parte edibile. Può essere selvatica (Cynara cardunculus, var. sylvestris), detta anche carciofo selvatico e crescere in modo spontaneo, oppure coltivata (Cynara cardunculus, var. altilis DC).
La varietà più diffusa è quella del cardo gobbo, che assume la tipica “postura” a causa della tecnica di coltivazione senza luce, interrandolo: per cercare la luminosità la pianta si ingobbisce ed essendo al buio acquista un colore bianco. Questo porta alla perdita della clorofilla e a un progressivo degradamento della tinta verde. Il risultato? Delle coste meno fibrose, quindi più tenere, e delicate di sapore, altrimenti risulterebbero troppo amare, immangiabili. Il più famoso cardo gobbo è quello pregiato di Nizza Monferrato, presidio Slow Food: si può gustare crudo in veste di pinzimonio per la bagna cauda, una salsa a base di aglio e acciughe tra i simboli della gastronomia piemontese.
Tra i prodotti agroalimentari tradizionali dell’Emilia-Romagna compare il cardo Gigante di Romagna, anch’esso interrato al fine di far diventare il gambo più morbido e dolce: è una pianta vigorosa, senza spine, dalle tonalità bianco avorio e si coltiva principalmente nell’area costiera di Ravenna. Il cardo di Bologna è ugualmente spinato e per farlo imbianchire le piante vengono avvolte in teli di nylon neri, diventando molto fini, tanto che questa tipologia è chiamata centofoglie per le sue coste lunghe e sottili. Si usa come pianta officinale e non in cucina, invece, il cardo mariano (Silybum marianum): ha effetti positivi sui disturbi legati al fegato, detossinante, consumato sotto forma di decotto, tisana o di integratore.
Ricchi di acqua, fibre e sali minerali, i cardi sono degli ortaggi ipocalorici che, da crudi, contengono appena 12 calorie per 100 grammi. Sono composti al 95% di acqua, non includono colesterolo e apportano una buona quantità di fibra (1,5 gr) e sali minerali, soprattutto potassio e calcio, oltre a vitamina C. Come i “cugini” carciofi, sono riconosciuti per essere amici del fegato, favorendone il funzionamento grazie alle proprietà disintossicanti. Inoltre, tra le virtù del cardo, si annoverano la facilitazione del transito intestinale, capacità diuretiche e drenanti e di regolazione della pressione sanguigna. Solo per il consumo di cardo mariano si sono registrate controindicazioni, quali disturbi gastrointestinali e reazioni allergiche.
La forma dei cardi in vendita ricorda quella di un cespo di sedano, con le coste devono essere sode e carnose: più sono bianche più il loro sapore risulterà meno pungente. La pulizia non è complessa, ma richiede una certa tempistica e qualche attenzione: devono essere eliminate le parti esterne più dure e filamentose dei gambi. Questi ultimi tendono a ossidare, proprio come i carciofi, e quindi vanno tagliati a tocchetti di dimensioni che variano a seconda dell’utilizzo e tuffati man mano in una ciotola con acqua e succo di limone, al fine di prevenire l’annerimento. Per intenerirli, prima di utilizzarli nelle diverse preparazioni che li vedono cotti, i cardi vanno lessati per circa 35-40 minuti in acqua salata e acidulata.
Come cucinare i cardi? Se li preferisci crudi, ricorda che i gobbi sono i migliori, in particolar modo quelli di Nizza Monferrato, per via della loro dolcezza. Perfetti quindi tagliati a listarelle o falde in pinzimonio con la bagna cauda per un grande classico, ma anche in insalata tipo quella di puntarelle, affettandoli finemente e condendoli con un dressing a base di olio extravergine d’oliva, sale, prezzemolo tritato e qualche alice se piace.
I cardi cotti sono protagonisti di ricette altrettanto semplici e sfiziose, più o meno sostanziose. Per esempio, un ottimo modo per gustarli in versione comfort food sono al forno, gratinati con besciamella o in stile parmigiana, arricchiti da più strati, oppure fritti, sia in pastella alla siciliana, con un involucro leggero realizzato con acqua, farina, sale e pepe, sia avvolti da una panatura con uova e pangrattato, come quella della cotoletta. Dopo averli lessati, i cardi sono ottimi anche in umido, da insaporire con salsa di pomodoro ed erbe aromatiche per un piatto vegetariano o con l’aggiunta di pancetta o guanciale; oppure da fare in padella, cuocendoli in un po’ di burro, spolverati infine di abbondante parmigiano che si scioglierà con il calore.
Come abbinamenti, inoltre, il cardo sta benissimo con formaggi saporiti come il taleggio, la fontina, il gorgonzola, con cui fare una fonduta di accompagnamento o rendere cremoso un risotto; si sposa con le nocciole, da utilizzare come nota crunchy con il cardo lesso semplicemente condito con olio e limone o con altri ortaggi e legumi, dalle patate ai ceci, per realizzare minestroni sotto il segno del benessere.
Sappiamo che il caglio utilizzato in diverse preparazioni casearie arriva dallo stomaco degli animali (per esempio viene estratto dall’abomaso del vitello già macellato). Questo agente coagulante, però, può essere di origine vegetale, impiegato per formaggi adatti anche ai vegetariani. Il più delle volte il caglio vegetale si ottiene proprio dal cardo selvatico, in particolare dai suoi fiori, da cui vengono estratti gli enzimi necessari per la lavorazione del latte.