Nel cuore di Roma una chef, di origini piemontesi, capace di far amare la carbonara anche presentata sotto un’altra, innovativa, veste. Sembra gelato ma non è: Barbara Agosti ci parla della sua carbonara da passeggio.
Sembra gelato ma non è. Nel cuore di Roma esiste (e resiste) una carbonara capace di vestirsi di nuovi, illusori, abiti, ma capace in realtà di mantenere e preservare appieno il suo gusto originale e inconfondibile. E, tenetevi forte, tutto per merito di una chef piemontese.
Andiamo alla scoperta del Tris di Strapazzi, noti anche come carbonara da passeggio, della chef Barbara Agosti.
Lo sappiamo, non è facile convincere l'opinione comune quando si tratta di deviare i binari della tradizione, in un metaforico switch di un passaggio a livello che collega la storia con l'innovazione. In particolar modo quando si tratta di cibo, argomento sempre scottante e delicato.
Specifichiamo però sin da subito: per la realizzazione del seguente video nessuna carbonara è stata maltrattata. Al massimo, solamente fritta. Uova, pecorino, guanciale e pepe, insomma, sono garantiti. Così come il sapore autentico della ricetta originale.
Avrete sicuramente mangiato (e preparato) tantissime carbonare nella vostra vita, dalla classica alla più gourmet, passando per versioni rivisitate o, perché no, anche a base di pesce. Probabilmente, però, non avevate mai visto la carbonara versione street food e a forma di… gelato, con tanto di stecco di legno da impugnare.
C’è una chef a Roma, nel cuore di Trastevere, capace di capovolgere il “concetto” di uovo, riuscendo anche a trasformare una preparazione storica e notoriamente “intoccabile” come la carbonara. Questa chef si chiama Barbara Agosti e, quasi sfidando il senso di appartenenza, la protettività e il profondo attaccamento di una città come Roma nei confronti di questa ricetta, è riuscita a proporla, ma soprattutto farla amare, sotto una nuova veste, una rinnovata luce. Vincendo quello stesso azzardo (consapevole) accolto e raccolto al suo arrivo nella Capitale.
E pensare che la chef, così coraggiosa da tuffarsi un una sfida del genere, non è nemmeno romana, tanto meno laziale o del Centro Italia. Bensì piemontese, per la precisione di Novi Ligure. Dove, insomma, sono più famosi per la lavorazione delle nocciole rispetto alla realizzazione di carbonare d’autore.
Se nella storia dell’arte, nel corso dei secoli (dalle pale medievali a stampo religioso sino a Salvador Dalì), l’uovo è stato rappresentato come simbolo di nascita, di genesi, la chef Agosti è riuscita a dare, attraverso l’uovo, una nuova origine, personale quanto originale, alla carbonara. Ora proposta sotto una "forma diversa, divertente", come ci racconta lei stessa, ma non snaturata nella sua essenza. Al massimo, proposta sotto un altro aspetto.
La Agosti in Eggs (questo il nome del locale) ha saputo dare nuova e rinnovata linfa all’uovo, e alle sue preparazioni, e la carbonara non poteva certo sfuggire dalla propria cucina. Accanto a varie versioni del piatto, dalla ricetta classica alle proposte più rivisitate, la chef piemontese ha voluto creare una preparazione “da passeggio”, diversamente fruibile e a base di spaghetti, da gustarsi camminando per le vie della Città Eterna. Nel cuore di Trastevere, a due passi dall’Isola Tiberina e non distante dal belvedere del Gianicolo.
Non a caso, infatti, si chiama carbonara da passeggio (in menu presentata come Tris di Strapazzi) la versione capace negli anni di diventare un marchio di fabbrica della Agosti, richiestissimo e ricercatissimo sia da romani sia da turisti, al punto da essere proposta anche nel corso di una passata edizione di Masterchef.
Siamo andati a trovare la chef, la quale ci aperto il suo Eggs garantendoci un incontro ravvicinato del terzo tipo con la triade laica, ma molto ghiotta, degli Strapazzi. Tre “stecchi” ripieni di vera carbonara (nelle versioni classica, al tartufo e alla ‘nduja) prima preparata secondo tradizione quindi fritta nell’iconica forma di un noto gelato. Trompe d’oeil, direbbe qualcuno.
L’esplosione di gusto tipica di una ricetta impossibile da non amare (ci perdoneranno vegani e vegetariani) abbinata alla croccantezza di una frittura che come uno scrigno rigorosamente dorato protegge gelosamente ciò che contiene. Uno scrigno in attesa solo di essere aperto… anzi morso.