Due pizze con gli stessi ingredienti e nomi diversi: come distinguerle? La prima ha tutto alla rinfusa, la seconda divisi a spicchi, diversa è anche la storia. Ne abbiamo parlato con Franco Pepe, uno dei migliori pizzaioli al mondo: lui ha portato la capricciosa nel futuro con l'Acquerello Capriccioso, una pizza straordinaria, evoluzione del prodotto tradizionale.
È una pizza tremendamente anni '80: è eccessiva, carica, colorata, piena di sapore, confusa. Parliamo ovviamente della capricciosa… o della quattro stagioni? Effettivamente il dubbio assale chiunque legga i menu delle pizzerie più comuni: la base è la stessa, di fatto è una margherita, quindi ha pomodoro e mozzarella; il topping è completato poi da prosciutto cotto, carciofini, funghi e olive, questo vale per entrambe le pizze. Quindi queste due portate sono uguali? Assolutamente no. Vediamo tutte le differenze tra capricciosa e 4 stagioni.
Hanno entrambe una farcitura molto carica e sono identici gli ingredienti di base. In alcune parti d'Italia al canonico quartetto composto da olive, carciofini, prosciutto e funghi vengono aggiunti altri ingredienti, come l'uovo sodo. Noi restiamo però sulle versioni "tradizionali" di capricciosa e 4 stagioni.
La prima differenza sta nell'origine dei due piatti: la capricciosa è nata per "necessità", è (o meglio era) la pizza "svuota-frigo" dei locali infatti tutti gli ingredienti sono "buttati" alla rinfusa sul disco pasta. Proprio per questo motivo la capricciosa ha ricette tanto diverse in giro per l'Italia: in base alla disponibilità della pizzeria, il maestro pizzaiolo realizza il suo "capriccio". La quattro stagioni ha origini molto più antiche ed è divisa in quattro sezioni ben distinte, ognuna condita singolarmente con ciascun ingrediente (in foto cover quella di Al 22). La quattro stagioni è infatti una delle prime pizze di cui si ha conoscenza, l'unica tra l'altro ad avere origini nobiliari: nasce nel Medioevo, un periodo in cui i signorotti dimostrano la propria potenza con i cibi "rari" da proporre ai commensali. La rarità dei prodotti medievali è ben diversa da quelli odierni: raro non è solo il prodotto esotico, è anche il cibo estivo servito in inverno o viceversa. Tantissimi piatti nobiliari del Medioevo hanno questo richiamo alle stagioni che si susseguono durante l'anno e questa pizza è forse la summa massima di questa espressione, anche un po' altezzosa, di intendere il cibo. Quattro sezioni ben distinte per un richiamo consolidato, anche grafico, alla ricchezza dei cibi offerti dalle stagioni, a prescindere dal mese in cui ci troviamo.
Abbiamo collocato l'exploit di queste due pizze negli anni '80, col tempo sono state un po' dimenticate e chiuse nei ricordi dei bambini di quel periodo. Franco Pepe, uno dei migliori pizzaioli al mondo, è riuscito ad attualizzare questa ricetta creando la "Acquerello Capriccioso", una nuova versione del piatto storico.
Per il titolare di Pepe in grani a Caiazzo, in provincia di Caserta, la Capricciosa "è la pizza dell'infanzia e il primo pensiero va a mio padre, Stefano, perché è la tonda a cui penso quando ricordo la sua pizzeria. La capricciosa era la pizza più ricca del menu: un tempo non c'erano tutte le varietà che ci sono oggi, il topping era molto basilare, e la capricciosa era quindi sinonimo di abbondanza". Con l'esplosione del fenomeno della "pizza gourmet", se così vogliamo chiamarla, sia la capricciosa sia la quattro stagioni hanno vissuto un periodo cupo: "Negli ultimi anni la pizza ha visto un'evoluzione importante — prosegue Franco Pepe — ed è per questo che certe pizze sono entrate in crisi. Dobbiamo ammettere che fino a qualche anno fa queste due pizze, insieme alla prosciutto e funghi, erano tra le più richieste ma spesso venivano servite con prodotti non proprio eccellenti. Da quando abbiamo cominciato a fare un certo tipo di ragionamento sulla pizza e i clienti hanno interiorizzato il concetto, queste pizze classiche sono state viste come un'accozzaglia di ingredienti e quindi, in breve tempo, le persone le hanno abbandonate".
Il ricordo di papà Stefano è sempre molto vivo però in Franco Pepe che, come fatto con la margherita e la sua "sbagliata", ha voluto attualizzare un prodotto con la propria filosofia: "In tutta la mia carriera ho cercato di elaborare la tradizione, a volte anche mettendola in discussione. Se oggi il mio progetto ha avuto questo tipo di evoluzione è perché ho sempre seguito la mia idea, portando in pizzeria semplicità e pensieri nuovi. Lavorare sulla capricciosa mi stimolava tanto, da tantissimo tempo. Durante il lockdown ci ho pensato molto e ho riflettuto sulle richieste che mi venivano fatte: tutti ci siamo messi a impastare e tantissimi mi hanno chiesto dei suggerimenti; a tutti ho detto la stessa cosa, ovvero utilizzare le risorse a disposizione in casa. Così nasce la capricciosa in fin dei conti: i pizzaioli usavano gli ingredienti a disposizione sul banco, abbinandoli con la necessità di svuotare il frigo e con la propria fantasia. Con l'Acquerello Capriccioso ho voluto ricreare proprio questa cosa: ridare dignità a questa ricetta portando ingredienti di prim'ordine in tavola e poi farla finire al cliente, con la sua di creatività".
Ma com'è fatta l'Acquerello Capriccioso? È una base bianca con mozzarella, prosciutto cotto e carciofini bianchi di Paestum ed è così che viene servita al cliente: sarà poi lui ad aggiungere, a piacimento, l'oliva caiazzana disidratata, il fungo impanato e fritto, il cappero croccante, la riduzione di olio con le foglioline di basilico, la sfoglia croccante di pomodoro San Marzano. Tutti questi ingredienti vengono portati a tavola in appositi contenitori: il cliente decide, in totale autonomia, come comporre la propria capricciosa per creare una pizza realizzata sì dal pizzaiolo ma finita dalla libera interpretazione del commensale. Il risultato è straordinario e sempre diverso: basta un ingrediente in più o in meno, una manciata più generosa di un prodotto rispetto a un altro, e il gusto cambia. C'è addirittura la possibilità di creare uno spicchio con un gusto più marcato e uno con un gusto più sopito, a seconda delle proprie inclinazioni: è la democratizzazione della pizza, è l'avanguardia interattiva che Ferran Adrià ha portato nell'alta cucina e Will Godfarb ha portato nella pasticceria; Franco Pepe lo ha fatto in pizzeria.