Ennesimo decreto contro il caporalato in Italia, questa volta a firma del neoministro Lollobrigida. In realtà una legge esiste già, basta applicarla con i controlli.
Una delle più grandi piaghe del nostro Paese è il caporalato, uno sfruttamento assimilabile allo schiavismo che in Italia si perpetua da decenni. Il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare e forestale Francesco Lollobrigida ha firmato un decreto sulla "condizionalità sociale" per contrastare il fenomeno e salvare i lavoratori delle aziende agricole. Questo decreto sarà seguito da un provvedimento, in collaborazione con il ministero del Lavoro, per stabilire le sanzioni adeguate.
In Italia ci sono almeno 10 mila persone che vivono nei campi in condizioni disumane. Negli ultimi giorni il caso è balzato nuovamente agli onori della cronaca a causa dell'intervento delle forze dell'ordine in Puglia dove sono state arrestate cinque persone che pagavano i migranti 4 euro per ogni cassa di pomodoro da 300 chili e li facevano vivere come schiavi. Il ministro ha preso la palla al balzo e firmato un decreto che in realtà non dice nulla, anche perché una legge contro il caporalato in Italia esiste già. Vediamo di che si tratta.
Il provvedimento firmato da Lollobrigida è a dir poco fumoso. Si legge dal sito del Ministero che il provvedimento ha l'obiettivo "di garantire idonee condizioni di lavoro, tutelare le norme di salute e sicurezza all'interno delle aziende agricole, nonché contrastare il caporalato e il fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori del settore. In un successivo provvedimento, di concerto con il dicastero del Lavoro, saranno esplicitate le sanzioni relative alla mancata applicazione di questo decreto che intende promuovere l'applicazione delle direttive Ue". Idonee condizioni, norme di salute e sicurezza sono alla base dei diritti civili della nostra Costituzione.
In realtà di leggi in Italia contro il caporalato ce ne sono già. Un decreto del 2019 è scaduto proprio quest'anno, la legge in vigore è stata introdotta nel 2016, in linea teorica sarebbe uno strumento utile nelle mani dei magistrati che ha effettivamente portato al doppio delle inchieste rispetto al quinquennio precedente ma che incide ancora troppo poco. Sono oltre 2000 i morti nei campi negli ultimi anni. Quando ne abbiamo parlato con Yvan Sagnet, sindacalista da sempre presente sul tema, ci ha detto che l'Italia non contrasta adeguatamente questa forma di schiavismo "a causa dell'incompetenza dei dirigenti e delle istituzioni che hanno in carico questi dossier: incompetenza, menefreghismo e poca sensibilità". Negli ultimi anni qualcosa è stato fatto ma "una legge non risolve tutto, è solo un passo avanti dal punto di vista repressivo ma bisogna lavorare sulla prevenzione. C'è una legge sul tema ma non è mai stata applicata a causa dei mancati controlli". Il problema principale è proprio questo: in Italia ci sono solo 5000 ispettori nel settore agricolo, troppo pochi per controllare un Paese come il nostro. Il sindacalista ha un passato da bracciante e ci ha confessato di non averne mai incontrato uno ai suoi tempi.
Altro problema della legge inapplicata del 2016 è la mancanza di alternativa che intercetti le domande di collocamento degli stagionali. In parole povere chi vuole sfruttare le persone non si rivolge agli uffici preposti rendendoli, di fatto, inutili. I braccianti, non trovando lavoro con i metodi "legali" e costretti in una situazione di totale povertà sono costretti ad accettare le condizioni lavorative disumane proposte da questi criminali. Sarà interessante vedere come i due ministeri affronteranno il problema dopo questo annuncio pubblico che di concreto non ha nulla tranne dire di essere contrario a questa forma di schiavismo.