Grazie a carni magre, sode e saporite, il capone è un pesce da conoscere: ricco di proprietà, si presta bene a essere portato in tavola nei modi più diversi. Andiamo alla sua scoperta.
Il capone, nome con cui si identifica in Sicilia la lampuga, è un pesce azzurro diffuso in tutti i mari: lo si trova nell’Oceano Pacifico, Atlantico e Indiano, nonché nel Mar Mediterraneo, in particolare sulle coste siciliane, tra San Vito Lo Capo e Cefalù, dov’è considerato una vera specialità gastronomica. Nonostante sia poco frequente incontrarlo sui banchi della pescheria o al ristorante, il capone è molto versatile in cucina e fa anche bene, grazie alle sue carni sode e saporite e alle sue ottime proprietà nutrizionali. Conosciamolo meglio.
Il capone, chiamato corifena cavallina, pesce settembrino – ma anche mahi mahi o dorado nel Sud est asiatico – appartiene alla famiglia delle Coryphaenidae, vive in branco in mare aperto ed è diffuso un po’ in tutti gli oceani e anche nel Mar Mediterraneo. Ha una forma allungata, compressa sui fianchi e la parte frontale leggermente arrotondata. Si caratterizza per i suoi colori brillanti, giallo, azzurro e verde, da cui è possibile capirne la freschezza, assieme all’occhio vivo e le carni sode: quando le sue squame virano al grigio, significa che la sta perdendo. È un pesce osseo pelagico migratorio che si sposta verso le coste nel momento in cui depone le uova: si pesca tra la fine di agosto e la fine di ottobre, quindi la stagione perfetta per acquistarlo è l’autunno. Raggiunge dimensioni ragguardevoli: può essere lungo 2 metri e pesare anche 20 chili. Solitamente gli esemplari in commercio oscillano tra un chilo e un chilo e mezzo. Si trova intero o tagliato in tranci – come il pesce spada – e il prezzo varia a seconda della disponibilità dai 6-8 euro al chilo quando ce n’è molta, ai 15-16 euro quando è minore.
Le carni del capone sono diverse da quelle degli altri pesci azzurri, come le sarde o lo sgombro: per il loro colore bianco, la consistenza compatta e il gusto meno selvatico e più delicato si possono paragonare a quelle di pesci pregiati, tipo l’orata. In termini di proprietà nutrizionali, il capone è un pesce magro, ricco di proteine ad alto livello biologico e praticamente privo di grassi: ne contiene solo l’1% e si tratta soprattutto di omega 3 che apportano benefici all’organismo in quanto antiossidanti e antinfiammatori. In più sono presenti in buone quantità vitamine del gruppo B e sali minerali (fosforo, potassio, sodio) e, data la vita breve di questi pesci – vengono pescati a 2-3 mesi – non contengono metalli pesanti, come il mercurio, dannosi per la salute.
In un’antica ricetta di pescatori di Cefalù, il capone si preparava come una specie di versione povera (senza carne) del falsomagro: si sfilettava e farciva con formaggio pecorino, uova sode e cipolla, si chiudeva con lo spago e si cuoceva a fuoco lento nel sugo di pomodoro. A scoprire (e riproporre) questo particolare piatto popolare è stato lo chef siciliano Angelo Daino, cui abbiamo chiesto qualche consiglio per valorizzare il pesce al meglio e per scoprire, quindi, che non c’è davvero limite alla fantasia tra i fornelli. Ciò che conta è rispettare le carni magre del capone con cotture delicate, sempre a fuoco dolce, soprattutto quando sono prolungate.
Lo si può preparare quindi all’acqua pazza o impanato come se fosse una cotoletta. Fritto con la cipolla in agrodolce è da tradizione: si infarina, si frigge in olio extravergine d’oliva e poi si mescola con la cipolla e si fa riposare, per essere gustato qualche ora dopo. Debitamente abbattuto, è ottimo anche in versione crudité, sia in carpaccio che a tartare, e marinato con arancia o limone, tipici agrumi della regione. E con gli scarti della polpa rimasti sulla lisca si può realizzare uno squisito condimento per la pasta, basta aggiungere pomodorini freschi, prezzemolo e basilico.
Difficile non notare la somiglianza tra il termine capone e caponata. Sono affini o meno? Non si sa con certezza: in molti, infatti, riconducono l’origine del nome del famoso contorno siciliano all’utilizzo in questa ricetta del pesce capone da parte dei nobili dell’800, anche se in realtà le persone benestanti usavano diversi tipi di pesci, crostacei compresi. Il popolo, com'è noto, si accontentava delle melanzane.
Ormai si è certi, invece, che sia un capone il pesce che Santiago, il protagonista del romanzo Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway mangia per sfamarsi mentre è alla caccia del marlin: nelle prime edizioni, infatti, la parola inglese dolphinfish era stata tradotta erroneamente come delfino, mentre nell’edizione più recente – con nuova traduzione – si parla di lampuga: cosa assai più probabile, anche per un tipo tosto come Santiago.