Senza la II Guerra Mondiale e tutte le peripezie che gli emigranti giapponesi hanno dovuto subire negli Stati Uniti, probabilmente oggi non avremmo i biscottini della fortuna in tutto il mondo. Vediamo la vera storia dietro il dessert tipico dei ristoranti cinesi.
I biscotti della fortuna sono un caso (quasi) unico: tutto l'Occidente li associa ai ristoranti cinesi ma in Cina non li hanno mai visti. Sono il corrispettivo orientale delle Fettuccine Alfredo, il tipico piatto che la cultura italo-americana associa all'Italia, ma che qui è assolutamente (o quasi) sconosciuto.
I biscotti della fortuna non sono cinesi, sono americani e hanno un'origine giapponese. Questo dolce, composto da un biscottino dolce e croccante, preparato con farina, zucchero, vanillina e olio, oggi è uno dei simboli della cucina cinese nel mondo, ma in realtà ha origini nipponiche. All'interno dei biscotti sono nascosti dei bigliettini, chiamate anche "fortune" che riportano proverbi, aforismi o anche numeri che le persone possono usare per "sfidare" la fortuna.
La ricostruzione della storia dei biscottini della fortuna la dobbiamo a una ragazza che ha dedicato sei anni della sua vita a questi dolci, su cui ha voluto incentrare la sua tesi di laurea. Yasuko Nakamachi è una ricercatrice giapponese, attualmente docente di "Folkloristica e Storia Culturale" all'Università di Kanagawa che, nel 2008, si è laureata con una tesi su questo particolare cibo.
L'autrice non conosceva i biscotti e scopre questa preparazione per la prima volta a New York, li ritrova poi in un viaggio a Kyoto con una veste diversa: biscotti più grandi e scuri di quelli americani, contenenti le "fortune", e chiamati tsujira senbei. Le ricerche di Nakamachi la portano alla "Biblioteca della Dieta Nazionale del Giappone" dove si imbatte nel "Moshiogusa Kinsei Kidan", un libro illustrato del 1878 in cui un apprendista panettiere sta facendo i "cracker della fortuna". Questi biscotti appaiono in Giappone 30 anni prima che gli immigrati nipponici in California pubblichino la loro prima pubblicità.
Purtroppo la storia "ufficiale" di questo prodotto è decisamente oscura fino alla Seconda guerra mondiale: a San Francisco ci sono decine di famiglie di origini giapponesi che rivendicano l'introduzione e la diffusione dei biscotti della fortuna in America. Tra questi ci sono anche personaggi influenti, come i discendenti di Makoto Hagiwara, l'immigrato che ha supervisionato la costruzione del Japanese Tea Garden all'interno del Golden Gate Park, il più antico parco pubblico a tema nipponico di tutti gli Stati Uniti.
Una delle "tradizioni" introdotte da Hagiwara nel 1890 è stata quella di servire biscotti della fortuna a tutti i visitatori del giardino. Quei dolcetti provengono dalla Benkyodo, una delle più antiche bakery giapponesi della città, una panetteria tutt'ora esistente e gestita dalla stessa famiglia che l'ha fondata, arrivata ormai alla quarta generazione.
Lo spartiacque della Seconda guerra mondiale non è un caso: la famiglia Benkyodo, come molte altre, durante il conflitto è stata internata e l'azienda è stata costretta a chiudere. Questa bakery in particolare ha riaperto solo nel 1951, ma lo stesso si potrebbe dire di molte aziende meno note: negli anni Cinquanta, complice anche l'imminente conflitto con la Corea, l'odio razziale verso gli asiatici in America è secondo solo a quello verso gli afroamericani. Si tratta di un periodo molto cupo della loro storia, un periodo in cui il Giappone viene visto come grande nemico e la Cina come un'anomala compagna. La nazione di Mao, infatti, ha fatto parte dello schieramento degli Alleati dopo l'attacco di Pearl Harbor, aiutando i marines a stringere il Giappone in una morsa su due fronti.
I ristoranti giapponesi si sono trasformati in locali di chop suey, uno degli esempi migliori del sincretismo della cucina cino-americana. Si tratta di una zuppa di carne e uova, cotta rapidamente con germogli di soia, cavolo e sedano; una zuppa molto densa e piena d'amido, o di altri addensanti. Alla fine di questo pasto arriva la volta del biscottino della fortuna.
Questa nuova pratica porta all'esplosione della "fortune cookies" mania: alla fine degli anni ’50 vengono prodotti 250 milioni di biscottini della fortuna ogni anno, tutti venduti quasi esclusivamente nei ristornati cinesi della West Coast. In questo periodo il prodotto diventa davvero "cinese" perché gli immigrati sfruttano la segregazione dei giapponesi e prendono in mano la produzione americana che diventa una loro prerogativa. Presto i biscotti si trasferiscono da San Francisco e Los Angeles, a New York e Brooklyn, attraversando tutti gli Stati Uniti, da costa a costa, facendo diventare questo prodotto un must dei menu dei ristoranti cinesi a stelle e strisce prima, di tutto il mondo – tranne che della Cina – poi.
Il biscottino della fortuna è l'esempio lampante della commistione tra la storia dell'umanità e quella della gastronomia: una marea di episodi atroci e speriamo irripetibili, come la diaspora di un popolo o una guerra mondiale, che però hanno portato una preparazione tradizionale a trasformarsi per "conformarsi" ai tempi, diventando così celebre in ogni angolo del globo.