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25 Febbraio 2025
15:00

Assenzio: origini e curiosità del liquore più controverso della storia

Simbolo della Francia bohémienne del 1800, amato da grandi artisti e pittori, l’assenzio è una bevanda dalla duplice vita. Ritenuto maledetto in passato, perfino bandito, oggi è riconosciuto dal marchio Igp che ne tutela la produzione. Ma qual è il modo originale di bere l'assenzio? Come invece non andrebbe consumato e perché si è diffusa una moda del tutto infondata? Tutto ciò che serve è zucchero, acqua fredda e un cucchiaino forato per consumarlo come gli artisti maledetti del 1800.

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Quando pensi all'assenzio probabilmente ti vengono in mente le atmosfere bohémienne della Parigi della Belle Époque, con i bistrot affollati da artisti e potei maledetti, i colori vivaci alle pareti e le tele impressioniste. Ancora più probabile che ti riporti alla mente gli anni '90 o i primi 2000, anni in cui l'assenzio spopola tra i giovani: una sorta di "prova i coraggio" da superare visto l'alto grado alcolico. Ma a parte il romanticismo francese e la stupida devastazione giovanile che abbiamo fatto ai nostri neuroni, cos'è l'assenzio? L'assenzio è un distillato all'aroma i anice, derivato da erbe, fiori e foglie dell'assenzio maggiore (Artemisia absinthium), dal quale prende il nome. Se non vogliamo fare così i tecnici però possiamo dire che l'assenzio è forse il distillato che più di ogni altro si tira dietro un'aura di magia, data da quella famosa fatina verde che colloca la bevanda più nel mondo del soprannaturale che in quello dei comuni mortali. Un alcolico dal colore verde intenso (spesso ma non sempre), avvolto da un'aura di mistero e proibizione. Un tempo considerata una bevanda maledetta, capace di scatenare visioni e follia, oggi l'assenzio è rinato a nuova vita e fortunatamente sempre più persone stanno imparando a berlo correttamente (e responsabilmente). Vediamo insieme tutto ciò che c'è da sapere sull'alcolico più controverso del mondo.

Che cos'è e da cosa si ottiene l'assenzio

L'assenzio è un distillato ad alta gradazione alcolica, tradizionalmente prodotto a partire da diverse erbe, tra cui spicca l'Artemisia absinthium, da cui prende il nome. Questa pianta, nota anche come assenzio maggiore, è caratterizzata da un sapore amaro e da un aroma intenso.

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La produzione dell'assenzio prevede diverse fasi:

  • Macerazione: le erbe, tra cui l'Artemisia absinthium, vengono lasciate in infusione in alcool.
  • Distillazione: il liquido ottenuto dalla macerazione viene distillato, concentrando gli aromi e aumentando la gradazione alcolica.
  • Colorazione (opzionale): in alcuni casi, l'assenzio viene colorato con l'aggiunta di altre erbe.

Il risultato è un prodotto complesso e aromatico, con un sapore che può variare a seconda delle erbe utilizzate nella produzione. Tutto il processo moderno ha reso l'assenzio più "bevibile" perché nei trattati sulla preparazione di fine Ottocento pervenuti fino a noi scopriamo che il prodotto si otteneva solamente mediante distillazione. Oltre alla pianta dell'assenzio puoi trovare anche cannella, liquirizia, salvia, carcadè, lavanda, altre tipologie di artemisia, melissa, menta, Artemisia pontica e issopo. Solitamente le ricette prevedono 6-12 ingredienti ma ogni distilleria utilizza la propria miscela segreta di erbe. La base di Artemisia absinthium, semi di anice verde e finocchio lasciata a macerare è l'unica costante di tutti i distillati in commercio.

Il cuore dell'assenzio è comunque l’Artemisia absinthium, una pianta dal sapore intensamente amaricante. Cresce spontanea nelle zone alpine e ha un caratteristico colore verde argentato. Fin dall’antichità, le sue foglie e i suoi fiori sono stati utilizzati in erboristeria per le loro proprietà toniche e digestive, ma è nel XVIII secolo che questa pianta è diventata protagonista di un distillato destinato a lasciare il segno.

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La preparazione tradizionale prevede un processo di distillazione che ne esalta gli aromi e ne attenua l’amaro, ma in passato alcuni produttori senza scrupoli hanno aggiunto sostanze nocive per aumentarne l’effetto visivo e il potenziale inebriante, contribuendo alla sua fama di alcolico pericoloso. Ciò che ha reso l’assenzio particolarmente discusso è la presenza di tujone, un composto naturale contenuto nella pianta, che causerebbe effetti allucinogeni, alimentando il mito dell'alcolico capace di stimolare visioni e stati alterati di coscienza. In realtà, le concentrazioni di tujone nell’assenzio sono sempre state troppo basse per causare tali effetti, e il suo impatto sulla salute è stato spesso esagerato da campagne di disinformazione orchestrate per motivi economici e politici. Oggi, l'assenzio sta vivendo una nuova giovinezza, e sempre più persone si avvicinano a questo distillato affascinante e complesso. Ma come orientarsi nel mondo dell'assenzio? Come distinguere un prodotto autentico da un'imitazione? E soprattutto, come apprezzarne appieno le sfumature aromatiche? Partiamo da un presupposto: non tutto l'assenzio è verde. Anzi, in passato la gamma cromatica di questo liquore era molto più ampia, spaziando dal giallo paglierino al verde smeraldo, con sfumature intermedie e persino versioni incolori (tutti i distillati sono trasparenti appena lavorati). Il colore, quindi, non è un indicatore assoluto di autenticità. Tuttavia, è vero che oggi molti assenzi in commercio presentano un verde brillante e artificiale, ottenuto con coloranti. Un vero assenzio, invece, ha un colore più tenue e naturale, frutto dell'utilizzo di erbe e spezie.

Il colore è però solo la punta dell'iceberg. Per riconoscere un vero assenzio devi andare oltre l'apparenza e concentrarti sulla sostanza. Innanzitutto, ed è scontato dirlo, un assenzio autentico deve essere distillato. La distillazione è un processo complesso e delicato che permette di estrarre gli aromi delle erbe in modo preciso e controllato. Diffida degli assenzi ottenuti con macerazione o con l'aggiunta di olii essenziali. Altro elemento fondamentale è la presenza di anice verde, una spezia dal sapore aromatico e secco, ingrediente chiave dell'assenzio tradizionale.

La storia, le origini e la fama controversa

L'assenzio, come molti altri alcolici, nasce come medicinale e non come lo conosciamo. Fin dall'antichità i nostri avi utilizzavano l'artemisia in infusi e preparati per trattare disturbi digestivi e intestinali. Con l'arrivo degli Arabi in Italia e l'avvento della distillazione le cose però cambiano e, in particolare, tra la la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo abbiamo la vera nascita dell'assenzio.

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L'inventore dovrebbe essere un medico francese in fuga dalla Rivoluzione, Pierre Ordinaire, che per primo avrebbe ideato una ricetta che combinerebbe l'artemisia ad altre erbe aromatiche come anice verde, finocchio e melissa. Anche in questo caso l'intenzione dovrebbe essere stata quella di creare un tonico curativo ma in breve tempo la bevanda diventa popolare come alcolico, conquistando i salotti della borghesia francese e, successivamente, le avanguardie artistiche. Già Ordinaire avrebbe anche pensato a un naming accattivante: la Fée Verte (la Fata Verde), arrivato fino a noi. In realtà, come si legge anche sul sito dell’Associazione Assenzio Italia non ci sono notizie certe e riferimenti temporali precisi sull’origine del prodotto, anche se sembra sia stato effettivamente inventato tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800 da un medico residente nella Svizzera francese e pensato come una sorta di rimedio per ogni malattia. Un po’ come la Coca Cola inventata dal dottor Pemberton.

Durante la Belle Époque, l'assenzio diventa la bevanda per eccellenza dei caffè parigini. La "heure verte", l'ora verde, segna il momento in cui poeti, scrittori e pittori si ritrovano a sorseggiare questo prodotto dal sapore intenso e aromatico. Grandi artisti come Edgar Degas, Vincent van Gogh, Henri de Toulouse-Lautrec e Pablo Picasso lo hanno celebrato nelle loro opere, contribuendo a rendere ancora più forte il suo legame con il mondo dell'arte. L'assenzio diventa un simbolo di ribellione, di creatività, di libertà intellettuale. Charles Baudelaire, Arthur Rimbaud e Oscar Wilde lo consideravano una musa liquida, un elisir capace di espandere la mente e aprire le porte della percezione. Ma proprio questa fama eccessiva, unita a un crescente allarmismo, segna la sua caduta. A partire dai primi anni del Novecento l'assenzio comincia a essere demonizzato. La causa principale di questa diffidenza è la presenza di tujone che si ritiene abbia effetti allucinogeni simili a quelli delle droghe. Questa notizia è vera ma come accade ancora oggi, giornalisti e medici del tempo dimenticano di valutare la quantità e il tempo d'esposizione della sostanza nel nostro corpo. Il tujone è allucinogeno ed è contenuto nell'assenzio ma in dosi così ridotte che non ha effetti psicotropi sulle persone. Il danno però è fatto e la reputazione dell'assenzio è compromessa.

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In realtà, senza voler far troppo i malpensanti, dietro il proibizionismo avviato dalla Francia verso questo specifico alcolico non ci sono solo motivazioni sanitarie. L'assenzio all'epoca conquista una fetta di mercato enorme, molto più alta di quella che ha oggi, diventando più popolare del vino e del cognac. Per i produttori di queste due bevande la cosa è inaccettabile e, avendo molto più potere dei giovani distillatori, contribuiscono ad alimentare la campagna diffamatoria accusando l'assenzio di essere la causa dell'alcolismo dilagante e di gravi problemi di salute. La svolta, in negativo, c'è stata poi con il caso Jean Lanfray che nel 1905 si ubriaca con vari alcolici (tra cui l'assenzio) e massacra la sua famiglia senza pietà. L'episodio diventa la prova incontrovertibile per dimostrare la pericolosità dell'alcolico con una risonanza continentale. In Svizzera, patria dell'assassino, la proibizione dell'assenzio è addirittura scritta nella costituzione nel 1907, la Francia lo vieta nel 1915, l'Italia lo vieta nel 1939, ed è stato proibito fino a un intervento del Governo Andreotti nel 1992. Per gran parte del XX secolo l'assenzio viene considerato una bevanda proibita, il che fa aumentare l'aura di mistero e leggenda che lo circonda. Pensa che in Svizzera il divieto di bere assenzio è stato revocato solo nel 2005, 100 anni dopo l'assassinio commesso da Lanfray.

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Dobbiamo ammettere di essere stati degli apripista in Europa per questo tipo di "liberalizzazione": è vero che nella Penisola Iberica divieti non ce ne sono mai stati ma è altrettanto vero che la cattiva fama ne ha de facto vietato la vendita un po' ovunque. Con la nostra legge tanti altri europei hanno aperto gli occhi e negli anni '90 l'assenzio viene riabilitato, anche grazie a studi scientifici che provano che le quantità di tujone presenti nel distillato sono innocue per la salute e non provocano effetti psicotropi. Il nostro intervento politico è stato successivo a una revoca del divieto dell'Unione Europea (a patto che il contenuto di tujone non superi i 35 mg per litro) ma fino al nostro Decreto legislativo 25 gennaio 1992 nessuno si è mosso. Il vero trionfo è arrivato nel 2019, quando la storica distilleria di François Guy ha ottenuto il riconoscimento dell'Indicazione Geografica Protetta (IGP) per l'Absinthe de Pontarlier, in Francia. Questo marchio garantisce la qualità e l'autenticità del prodotto, proteggendolo da imitazioni e contraffazioni. Oggi, l'assenzio viene prodotto seguendo le antiche ricette, con ingredienti selezionati e processi di distillazione rigorosi, che ne esaltano il sapore complesso e aromatico.

Come si serve l'assenzio e perché?

Dimentica le fiamme e gli eccessi moderni. L'assenzio si gustava (e si gusta) con un rituale lento e raffinato, un vero e proprio atto di contemplazione. Ti serviranno pochi strumenti: un bicchiere di assenzio, una zolletta di zucchero, un cucchiaino forato e acqua fredda.  Appoggia il cucchiaino sul bordo del bicchiere, posa la zolletta di zucchero sopra e versa lentamente l'acqua fredda. Osserva la magia compiersi: l'assenzio si intorbida, si trasforma in una nuvola lattiginosa, sprigionando aromi e profumi inebrianti. Questo fenomeno, chiamato "louche", è la firma dell'assenzio autentico, la prova che stai gustando un distillato di qualità. La quantità di acqua è soggettiva, ma in genere si consigliano 3-5 parti di acqua per una parte di assenzio. L'importante è permettere al "louche" di completarsi, di svelare tutte le note botaniche e dolci che si nascondono nel liquore. Solo allora potrai aggiungere altra acqua, secondo il tuo gusto personale.

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Di Eric Litton – Opera propria, CC BY–SA 2.5, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=845302

L'usanza di incendiare l'assenzio è invece una trovata recente, nata nei primi anni ’90 in alcuni locali dell’Europa dell’Est, priva di fondamento storico e dannosa per il sapore del distillato. In realtà, bruciare l’assenzio ne altera il sapore e distrugge i suoi delicati aromi botanici, annullando l’essenza stessa di questa bevanda. Nessuna testimonianza storica menziona il fuoco come parte del rito originale: l’assenzio flambé è solo un’invenzione recente, priva di legami con la tradizione.

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Se vuoi vivere un’esperienza autentica, dimentica le fiamme e segui il rituale classico, quello che ha ispirato generazioni di artisti e intellettuali. Già di base parliamo di un alcolico molto ostico. Oscar Wilde, estimatore dell’assenzio, descriveva i suoi effetti con parole che ne amplificano il mito: "Dopo il primo bicchiere, vedi le cose come vorresti che fossero. Dopo il secondo, le vedi per quello che non sono. Infine, le vedi per quello che sono realmente, ed è la cosa più orribile del mondo". Il rituale della bevuta è iconico e contribuisce in qualche modo alla bellezza del prodotto, non gettare tutto alle ortiche.

Nato giornalista sportivo, diventato giornalista gastronomico. Mi occupo in particolare di pizza e cocktail. Il mio obiettivo è causare attacchi inconsulti di fame.
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