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4 Novembre 2021 11:00

Alla scoperta dei chicchi di caffè e delle differenze tra arabica e robusta

Tutti lo amiamo, tutti lo beviamo, ma in verità conosciamo molto poco il caffè. È la bevanda più amata dagli italiani, un vero simbolo del nostro Paese nel mondo, andiamo quindi alla scoperta del caffè partendo dalla base, dal suo seme. Vediamo le differenze tra i chicchi, tra le miscele arabica e robusta e tutte le tipologie più famose sul mercato.

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Il piacere di bere un buon espresso al bar è una tradizione profondamente radicata in Italia. Non ci pensiamo spesso ma tutto parte dai chicchi di caffè, lì dov'è racchiuso tutto il sapore della bevanda, come una matrioska di gusto: l'essenza della bontà dell'espresso italiano in un piccolo seme perfettamente tostato. Il caffè è una religione per gli italiani: fa parte del nostro DNA, fa parte della nostra cultura. Dal momento in cui i nostri antenati hanno conosciuto il piacere della miscela, non siamo più riusciti a farne a meno. Ci sono città storiche che hanno una "coffee culture" davvero sviluppata, con tutta una liturgia ben presente nel linguaggio comune: pensiamo a Napoli ad esempio, con il suo rito del "Caffè sospeso" e quel modo di usare l'offerta della tazzina come sinonimo del "ti voglio bene", o Torino, casa di alcune delle torrefazioni più antiche d'Europa, o ancora Trieste, dove ci sono decine di tipologie diverse, tutte squisite. Proprio per questa ragione in Parlamento arrivano spesso richieste per rendere l'espresso italiano un patrimonio immateriale dell'umanità, protetto dall'Unesco, com'è avvenuto per altri otto alimenti.

Nonostante la nostra ossessione per questa bevanda, c'è ancora molta confusione in giro sulle tipologie, caratteristiche, struttura, forma dei chicchi di caffè, la base per ogni buona tazzina. Vediamo allora tutto ciò che c'è da sapere e le principali tipologie di miscela.

Cos'è il caffè

Partiamo dal principio: il caffè è una bevanda che si ottiene dalla macinazione dei semi di alcuni piccoli alberi del genere "coffea". Esistono più di cento specie di questa pianta ma le principali varietà sono due:

  • Arabica, la più antica, la cui diffusione si deve agli arabi;
  • Robusta, una specie molto resistente alle malattie delle piante, una varietà più economica e meno strutturata di quella precedente.

L'etimologia della parola "caffè" non è ancora chiara ma si pensa che derivi da Caffa, una città che si trova attualmente in Etiopia, nazione riconosciuta come vera e propria madre del caffè. La datazione della sua scoperta è tutt'oggi sconosciuta, gli studiosi la collocano intorno al X Secolo perché ci sono alcuni scritti che riportano l'utilizzo di queste piante infuse per uso medicinale. Testimonianze più concrete ci sono solo a partire dal 1400.

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Proprio per queste ragioni la scoperta del caffè è ancora avvolta nel mistero, cosa che ha dato vita a numerose leggende. La più nota potrebbe nascondere un fondo di verità: un giorno le capre di un pastore cominciano a mangiare delle bacche e delle foglie di una pianta che l'uomo non ha mai visto. La sera, dopo una dura giornata di lavoro, torna a casa con tutto il gregge ma, lungo il tragitto, le capre cominciano ad agitarsi e a vagabondare vivaci come mai prima di allora. Il pastore connette automaticamente questo senso di eccitazione alle bacche trovate per caso e, preso dalla curiosità, il giorno dopo le coglie, le abbrustolisce e le mette in infusione nell'acqua creando il primo caffè della storia.

Le leggende attorno alla nascita della bevanda sono tantissime, alcune riguardano addirittura Maometto, e ci sono diverse versioni anche della stessa leggenda col pastore e le capre iperattive, rendendo questa bevanda ancora più epica grazie ai numerosi miti ad essa legati.

La struttura e la forma dei chicchi di caffè

Ancora oggi la pianta del caffè si presenta come nella descrizione della leggenda del pastore: le coffee generano infatti piccole bacche rosse molto simili alle ciliegie, chiamate drupe, composte da diversi strati:

  • la buccia si chiama esocarpo;
  • la polpa è il mesocarpo;
  • il primo strato del chicco si chiama pergamino:
  • infine l'ultimo strato del chicco, il silver skin.

Proprio come nei migliori tesori, bisogna scavare a fondo per trovare la ricchezza. Per arrivare al tesoro bisogna partire dalla raccolta delle bacche, un processo spesso sottovalutato ma fondamentale: il caffè si ottiene dalle bacche verdi, ancora acerbe, e vanno maneggiate con gran delicatezza. Dopo la raccolta, tutte le drupe vengono immerse in acqua così da rendere più facile la separazione tra polpa e nocciolo. Il chicco di caffè appena colto è molto diverso da quello a cui siamo abituati noi: è piccolo e verde, sembra quasi costruito col das.

Quand'è che il chicco diventa marrone? I chicchi che giungono a noi hanno quel tipico colore scuro grazie alla tostatura e sono più grandi perché, con il calore, si espandono naturalmente.

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Le tipologie e caratteristiche dei chicchi di caffè

Tra tutte le piante di caffè solo una ventina danno i frutti utili alla produzione dei chicchi. Il sapore della bevanda preferita dagli italiani varia in base al clima, alla temperatura, all'altitudine. La fascia in cui si concentra la maggior parte della produzione è quella tropicale e oggi i maggiori Paesi produttori di caffè sono Brasile e Guatemala. Proprio per questa ragione, a causa dei cambiamenti climatici, la fine del 2021 potrebbe segnare una svolta storica: ci potrebbe essere l'innalzamento del costo della tazzina perché le coltivazioni di caffè ai tropici sono state distrutte dagli uragani.

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Come detto, le varietà più usate al mondo sono solo due, ovvero arabica e robusta:

  • Quasi tutto il caffè che beviamo è della varietà arabica, la qualità più indicata per un buon caffè grazie al suo gusto intenso, dolce, con note di liquirizia molto spiccate. Quasi il 70% dei chicchi prodotti in tutto il mondo sono di questa tipologia. Tra le proprietà più apprezzate di questa specie c'è il bassissimo contenuto di caffeina;
  • come dice il nome, invece, la varietà robusta è più amara e più forte rispetto all'arabica. Pensate: il contenuto di caffeina è quasi il doppio rispetto alla tipologia precedente. I chicchi di robusta danno alla bevanda una cremosità unica, per un caffè molto corposo, importante, vigoroso. Perfetta scelta per chi, al mattino, ha bisogno di una bella spinta per cominciare al meglio la giornata.

Queste due varietà, per molti, sono due mondi a sé stanti; per altri invece è in atto una vera sfida tra quale delle due sia meglio. In realtà spessissimo troviamo dei blend tra i due tipi di caffè nei bar; solitamente quando un locale utilizza solo una miscela lo segnala con orgoglio (avrete di sicuro letto "100% arabica" o "100% robusta" in giro).

Le differenze tra arabica e robusta sono molto difficili da cogliere, per i palati meno esperti: il primo è aromatico, profumato, più delicato e morbido, dal punto di vista chimico è un chicco molto più complesso. Ha un sapore quasi dolce ma al contempo è un po' acido; il secondo ha un'aroma intenso e persistente, un gusto forte che ricorda il cioccolato ed è molto più astringente rispetto all'arabica (l'astringenza è quella sensazione che sentite quando avvertite la secchezza e la rugosità nella vostra bocca). Questo tipo di sensazioni si avvertono solo con la pratica e lo studio, c'è invece un modo molto semplice per distinguere l'arabica e la robusta: i chicchi "crudi" si riconoscono facilmente. Quelli di arabica sono ovali, allungati, quelli di robusta sono arrotondati e presentano un solco molto più profondo e dritto.

La vera differenza sulla qualità del caffè la fa la lavorazione: l'arabica è una pianta molto delicata, non sopporta la siccità né tanto meno piogge continue, il gelo o il vento forte, di conseguenza anche i chicchi hanno bisogno di una certa dolcezza e vanno trattati più attentamente in fase di tostatura. Necessita di temperature più basse e di tempi estremamente precisi. La robusta resiste al caldo, alle malattie e alle piogge abbondanti, resiste agli sbalzi di temperatura e alle differenti zone del pianeta. La resistenza della bacca si trasforma in un chicco molto più propenso allo stress, offrendo ai torrefattori la possibilità di una tostatura più semplice.

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