Alex Atala ha 2 Stelle Michelin al ristorante Dom di San Paolo, in Brasile. Uno chef importantissimo che ha portato in auge gli ingredienti tipici dell'Amazzonia.
Racchiudere nella parola "cuoco" la figura di Alex Atala sarebbe fare un enorme torto al più grande chef brasiliano di tutti i tempi che con il suo ristorante D.O.M. a San Paolo ha conquistato le 2 Stelle Michelin e posizioni altissime nella classifica della 50 Best Restaurant. "More than a chef" è una frase che campeggia su tutti i social del cuoco classe 1968, il personaggio che più di tutti ha contribuito a portare l'Amazzonia in cucina. È un uomo saldamente legato alle proprie radici ma è in grado di guardare lucidamente al futuro. È un musicista punk rock, un DJ, cintura nera ed ex baby prodigio del jujitsu. È però soprattutto un appassionato di Brasile, natura, gastronomia e vita. Alex Atala è un uomo che si fa sospingere dalle sfide quotidiane, uno chef che riesce, con estrema delicatezza e tecnica, a trasformare la sua energia creativa in esperienze indimenticabili per chi ha l'opportunità di mettere alla prova i suoi esperimenti. Il suo obiettivo è esplorare tutte le possibilità gastronomiche degli ingredienti nazionali, combinando basi classiche con tecniche attuali. Con audacia e visione, Atala supera i confini della cucina e si pone come cittadino responsabile, valorizzando il piccolo produttore, incoraggiando i giovani professionisti e sostenendo il terzo settore. Vediamo insieme la storia di questo cuoco straordinario, che è altrettanto interessante quanto la sua cucina.
Il più grande risultato ottenuto da Alex Atala è stato quello di essere riuscito a mettere il Brasile sulla mappa della cucina mondiale, attirando l'attenzione di cuochi e professionisti del settore e di coinvolgere i propri conterranei. Questo discorso vale per il Brasile ma purtroppo vale per la maggior parte dei Paesi del mondo ad eccezione di Italia, Francia e Giappone: fino a 30 anni fa "andare a mangiare in un ristorante di alta cucina" significava andare in un locale francese o italiano. I brasiliani non consideravano la propria cucina degna di un ristorante. Pensavano che non avesse un valore gastronomico e che non meritasse lo sforzo di vestirsi e uscire. Alex Atala ha avvicinato tutto il Paese alla cucina brasiliana, facendola uscire dalle case.
Nato nel 1968 in un quartiere popolare di San Paolo ha un'infanzia teoricamente felice ma inquieta: figlio di immigrati palestinesi discendenti da una famiglia irlandese, Alex Atala è l'unico bianco della famiglia: "Entrambi i miei genitori hanno i capelli neri e la pelle scura. Tutti e tre i miei fratelli hanno i capelli neri e la pelle scura. Io ero magro, bianco e coi capelli rossi. Ero un ragazzino diverso e per questo mi sentivo solo" dice nel corso di Chef's Table su Netflix. Il papà è un operaio della gomma, la mamma una sarta, non manca nulla in casa Atala ma lui è irrequieto, instabile, costantemente arrabbiato. Per tanto tempo prova a capire se stesso finché a 14 anni non ha la folgorazione più grande della sua vita dopo la cucina: la musica. Fin da bambino si appassiona alla musica rock ma negli anni '70 questo stile è molto vicino al movimento hippie e Atala non si rispecchia in loro. Le cose cambiano quando si ritrova a un concerto di punk rock: "Quando vidi la gente vestita in quel modo dissi wow, questa sì che è una figata — ammette lo chef — Rimasi completamente affascinato e capii che volevo essere esattamente così". Il cuoco brasiliano ammette che a colpirlo è anche la moda del tingersi i capelli di rosso, caratteristica che lui ha fin dalla nascita. Si sente finalmente accettato.
Non è solo una questione estetica, Atala è colpito anche dal messaggio del punk: un'assoluta volontà di andare in controtendenza con tutto il mondo, senza fronzoli oppure orpelli. Il giovane ragazzo torna a casa e prende una decisione che sconvolge un po' tutti: va via, vuole vivere da solo. Comincia a bazzicare i locali come lavapiatti, tuttofare o ancor di più come musicista. Mixa la musica degli anni '80 a modo suo ma il mondo della notte lo porta in una spirale di sesso e droga: lo definisce "il mio periodo nero". Questo senso di autodistruzione lo porta a fare "delle cose brutte" ma non tanto gravi da intralciare la sua fedina penale. Alex Atala prende però una decisione: il Brasile non va più bene, deve cambiare aria. La passione per il punk lo porta in Europa perché vuole osservare e vivere la cultura che lo ha conquistato. "Fin dal primo momento in cui metto piede in Europa — dice Atala — comincio a vivere un sogno. Decido che non sarei mai più tornato in Brasile". Il cuoco sbarca in Belgio, prima tappa Bruxelles, ma incontra due problemi non da poco: non ha un soldo e non ha un visto. Comincia a fare l'imbianchino per mantenersi e tenersi lontano dai guai ma per il visto segue il suggerimento di un amico extracomunitario conosciuto in Belgio: si iscrive a una scuola di cucina. È la prima volta che si ritrova dietro ai fornelli per costruirsi un futuro: non decide di fare il cuoco, è la necessità di un permesso di soggiorno a spingerlo tra le cucine. A questa scuola si diploma a pieni voti ed è anche un istituto molto influente, parliamo della School of Hotel Management di Namur.
All'inizio le cose non sono semplici ma Atala si fa forza sul proprio background: in famiglia ci sono tanti pescatori e cacciatori che gli hanno insegnato fin da piccolissimo a maneggiare le carcasse. Nei primi ristoranti in cui lavora nel Nord Europa lui spinge proprio su questo tema: sa sfilettare a occhi chiusi e spenna gli uccelli alla velocità della luce, due mansioni non sempre ben accette dai cuochi. È la chiave per entrare nei grandi ristoranti.
Dopo la scuola alberghiera e qualche sporadica avventura nei ristoranti in Belgio il giovane ormai diventato cuoco va in Francia perché nella mente degli stranieri il concetto di "alta cucina" è esclusivamente francese e italiano. Si ritrova al rinomato Hotel de la Côte D'Or a Semur-en-Auxois, in Borgogna, con la guida prestigiosa di Jean Pierre Bruneau e poi da Bernard Loiseau (lo chef a cui Disney si è ispirata per la figura di Gusteau in Ratatouille). Atala si fa le ossa a Montpellier e poi viene in Italia, a Milano, per affinare la sua abilità nell'altra grande nazione culinaria e per imparare a fare la pasta. Il rapporto con il nostro Paese è di amore a prima vista: sovente parla dell'Italia nelle interviste e di come sia stato folgorato dal nostro modo di lavorare e di approcciare alla tavola. Gli piace il nostro rapporto con il cibo, molto più simile a quello brasiliano rispetto alla Francia. Atala dice che quando ha assaggiato per la prima volta caviale e foie gras non ne è rimasto colpito e ha capito che questi due ingredienti sono ritenuti essere "superiori" solo perché così qualcuno ha deciso. La cucina povera italiana è più simile a quella brasiliana. A Milano si trova bene quindi, sia in cucina sia fuori. Conosce una bellissima donna brasiliana e ci va a convivere. La ragazza resta incinta e qui matura definitivamente la scelta di Alex Atala: tornare in Brasile.
Il ritorno in patria è figlio di due episodi fondamentali: il primo è in Francia, dopo una discussione con Bruneau. Lo chef francese rimprovera Atala e gli dice che, pur avendo tantissimo talento, non riuscirà mai a fare una cucina francese all'altezza dei grandi cuochi francofoni. Atala è furibondo, ne nasce un'aspra discussione perché dal suo punto di vista è semplice "razzismo". Lascia la Francia ma col tempo la sua idea muta: si trova d'accordo con Bruneau. Lo chef parla di background culinario e culturale, non di vera e propria abilità. Così come lui non potrebbe mai essere uno chef bravo come Joel Robuchon a fare i piatti francesi, nessun francese potrebbe essere bravo quanto Atala a fare cucina brasiliana.
Il secondo passo avviene in Italia: nonostante il suo amore per il nostro Paese la paternità lo spinge a tornare a casa. "Non volevo che mio figlio fosse italiano — dice lo chef — volevo che fosse brasiliano, che nascesse e crescesse con il mio stesso retaggio". Torna così in Brasile e apre il suo primo ristorante: Namesa, in una villa abbandonata.
Nel 1999 il grande passo: il Dom apre i battenti, il cui nome è l'acronimo di Deo Optimo Maximo, che potrebbe essere tradotto come "A Dio, il buono, il grande". Propone esclusivamente cucina brasiliana con ingredienti locali. Proprio per questo motivo l'inizio è disastroso: i brasiliani non ci vanno, i turisti internazionali non lo conoscono. I primi anni sono veramente difficili e diventa una sorta di rifugio per gourmet di passaggio, soprattutto tra i cuochi. Questo suo talento e questo intrecciarsi di relazioni lo porta alla svolta vera e propria: nel 2005 è ospite del Madrid Fusion, il più importante congresso gastronomico del mondo. Qui presenta ai più importanti chef del pianeta tutto il terroir amazzonico che compone il suo menu. È un tripudio assoluto al punto che Ferran Adrià, uno degli chef più importanti e influenti della storia, sale sul palco per unirsi a lui. Un episodio storico e mai più ripetuto che incorona il giovane cuoco sudamericano. Da questo momento in poi il nome di Alex Atala arriva sulle bocche di tutti.
Diventa il primo brasiliano a ricevere le 2 Stelle Michelin e quello che ha raggiunto la posizione più alta nella lista dei 50 migliori sia in America Latina sia nel mondo. Il suo miglior piazzamento (6°) è stato nel 2013, lo stesso anno in cui Atala è stato riconosciuto come una delle 100 personalità più influenti al mondo dal Time Magazine. Oggi per andare al Dom servono mesi di preavviso: non è più vuoto e soprattutto non è più bistrattato. Oggi i brasiliani sono orgogliosi della propria cucina e sono fieri di avere Alex Atala come simbolo di questa rinascita.
La cucina di Alex Atala potremmo sintetizzarla in una parola: Brasile. C'è tutta la nazione nei piatti del cuoco sopra le righe. A influire molto sulla sua idea estetica è ad esempio il jujitsu brasiliano, l'arte marziale più importante del Paese. Lo pratica fin da piccolo e ha avuto un insegnante d'eccezione: Marcelo Behring, uno dei più importanti lottatori di tutti i tempi, imbattuto nelle arti marziali miste. Con lui Atala ottiene la cintura nera e dal maestro si fa influenzare anche in negativo: il "periodo buio" di Behring è stato molto più lungo di quello dello chef, al punto da portarlo alla morte per overdose nel 1995. Quando Atala torna in Brasile e diventa famoso stringe un forte legame con un altro simbolo del Brasile e uno dei lottatori più forti di sempre: Lyoto Machida, più volte campione del mondo della UFC.
Il rigore delle arti marziali miste e del jujitsu lo rivediamo in cucina: col tempo i piatti di Atala hanno allentato un po' le briglie della tradizione brasiliana facendosi contaminare anche da altri luoghi. La fama dello chef sopraggiunge perché applica le tecniche francesi e italiane agli ingredienti brasiliani, oggi invece troviamo forti influenze italiane nel suo menu come le fettuccine di palmito pupunha alla carbonara, un pesce del Rio delle Amazzoni lavorato e servito come un tonnarello romano. Il focus resta però sempre lo stesso: Atala fa la spesa nell'Amazzonia e trasforma i prodotti autoctoni con le tecniche apprese in Europa.
Troviamo le bacche di açai, la priprioca, il jambu (un’erba che anestetizza le labbra e la lingua, il baru, un frutto simile agli anacardi, il cupuaçu che somiglia a una noce di cocco) Troviamo soprattutto le formiche che Atala in primis guarda con sospetto all'inizio della carriera salvo poi ricredersi in nome del gusto esplosivo di questi insetti. Superata la reticenza iniziale decide di riproporli nel proprio ristorante e oggi la formica d'oro di Atala è uno dei piatti simbolo dell'America del Sud.
Nel 2020 Atala è stato accusato di molestie sessuali da un ex dipendente, almeno questo sembra emergere dalle prime ricostruzioni. Questa è una brutta storia che ciclicamente rispunta fuori, complice anche un caratterino non propriamente a modo dello chef brasiliano. Molti si sono infatti lamentati del suo modo di fare a telecamere spente ma tra il 2020 e il 2022 la questione è degenerata. Ad accusarlo sarebbe stata una ex dipendente anonima sul blog di Julio Bernardo, un critico molto famoso in Brasile e altrettanto discusso.
Dopo l'articolo, in cui la dipendente afferma di essere stata seviziata in tantissimi modi dallo chef, Atala denuncia il blogger per diffamazione e vince la causa dopo 2 anni di battaglia. Il motivo dell'articolo falso sta in un astio che JB (così si firma il critico) avrebbe per Atala. Lo chef dice infatti di aver incontrato Julio Bernardo al Dom, un'esperienza poco gradevole per JB. Ci può stare, lo ammette lo stesso Atala, ma poi le critiche man mano sono diventate più personali. Dopo aver fallito le accuse, il critico accetta un accordo con la procura di San Paolo e il caso viene chiuso. Ogni tanto spunta sui social quel famoso articolo ma mai nessuno ha dimostrato la colpevolezza del cuoco che, pur avendo dei lati oscuri del proprio carattere come tutti, viene dileggiato pur non avendo fatto nulla.