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19 Agosto 2022 10:31

Perché il Giappone è preoccupato e vuole che i giovani bevano più alcol?

I ragazzi tra i 20 e i 39 anni non consumano abbastanza bevande alcoliche e questo è un grosso problema per le casse del Giappone che sta chiedendo alla popolazione di bere di più.

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Il Giappone è seriamente preoccupato per la "deriva salutistica" dei propri giovani: i ragazzi non vogliono più darsi all'alcol e questo è un problema. Può sembrare una barzelletta ma i politici giapponesi sono terribilmente preoccupati dal livello di consumo di alcol tra i ragazzi, troppo basso secondo loro. I giovani bevono così poco da indurre l'agenzia delle entrate a presentare un'iniziativa per spingere più persone possibile a consumare bevande alcoliche. Il progetto si chiama "Sake Viva!" ed è un concorso in cui si richiedono progetti e iniziative per incentivare il consumo di alcol nei ragazzi tra i 20 e i 39 anni. I progetti da presentare al concorso dovranno arrivare sulla scrivania dell'agenzia entro il 9 settembre e dovranno tener conto del consumo casalingo e fuori casa, quindi nei bar e nei ristoranti. I progetti migliori saranno poi sviluppati dai professionisti di settore.

La maggior parte dei Paesi del mondo sarebbe contenta di scoprire i dati virtuosi dei propri giovani ma per il Sol Levante è un problema molto serio anche perché in questi anni sono stati investiti tantissimi soldi nel settore: la riscoperta degli izakaya, i locali tradizionali dedicati al divertimento; lo sviluppo della cultura del whiskey che fa del Giappone uno dei migliori produttori mondiali, il fiorire di alcuni tra i migliori bar al mondo, fino all'uva coltivata nelle stazioni dei treni per farne un vino molto speciale. Tutto inutile però: i giapponesi tra i 20 e i 39 anni dell'alcol non ne vogliono proprio sapere.

Perché se i giovani non bevono i politici si arrabbiano?

Detta così può sembrare semplicistico ma in fondo è la verità: nelle casse dello Stato servono i soldi delle imposte sugli alcolici e se questi non hanno mercato, le casse piangono. Negli ultimi anni c'è stato un significativo calo dei consumi: nel 1995 ogni giapponese beveva circa 100 litri di alcol ogni anno, nel 2020 solo 75. Può sembrare poco ma su una popolazione di 126 milioni di persone anche le gocce contano parecchio. In termini numerici le imposte sull'alcol incidono con un 2% delle entrate fiscali del Giappone, troppo poco visto l'enorme deficit pubblico del Paese: i debiti del Giappone superano di due volte e mezzo il Pil, quindi il governo deve trovare al più presto il modo per aumentare le proprie entrate fiscali.

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A dirla tutta il calo dei consumi di alcol potrebbe non dipendere da un improvviso ascetismo dei giovani nipponici: l'arcipelago è caratterizzato da una scarsissima natalità e da un'altissima aspettativa di vita. Gli anziani tendono a essere meno propensi a consumare grandi quantità di alcol rispetto ai giovani. Le persone a cui si rivolge il concorso, donne e uomini tra i 20 e i 39 anni, non sono molte.. La pandemia ha influito ulteriormente su questo dato perché, come in tutto il mondo, le restrizioni messe in atto per contenere la diffusione dei contagi hanno ulteriormente diminuito le occasioni di ritrovo. In Italia abbiamo "sopperito" a questa mancanza aumentando il consumo di vino ma si tratta di una bevanda che fa parte della nostra cultura; con i superalcolici il discorso sarebbe invece molto simile.

Ma i giapponesi come hanno accolto questa iniziativa? Ci sono state delle reazioni contrastanti: molti ragazzi stanno già facendo proposte, molti anziani hanno invece presentato una viva e vibrante contestazione. Nel mezzo si è messo il ministro della Salute, Katsunobu Katō, che se n'è un po' lavato le mani: si è insediato solo la scorsa settimana e ha ammesso di non essere stato contattato dall'agenzia delle entrate per avere un'opinione. Si è limitato a raccomandare attenzione, facendo presene che un consumo eccessivo di alcol potrebbe portare rischi alla nostra salute.

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