Una ricetta che compare sulle tavole di tanti italiani solo a Pasqua, complice la tradizione. Ecco a cosa bisogna fare attenzione per non sbagliare, dalla scelta dei tagli alla cottura.
L’agnello, rispetto alle altre carni, non si cucina così di frequente: arriva però un periodo dell’anno in cui il suo consumo si alza a livelli esponenziali. Stiamo parlando, ovviamente, della Pasqua, con una tradizione ancora radicata che lo vuole tra le pietanze simbolo del menu di questa ricorrenza. Lo ritroviamo così proposto in tantissime varianti, da quelle in umido alle costolette in padella, passando probabilmente per la preparazione più gettonata, ovvero quella al forno, meglio ancora se con le patate o i carciofi. Come trattare e valorizzare al meglio la carne di agnello, soprattutto se la si mangia e cucina poco durante il resto dell’anno? Ecco quali potrebbero essere gli errori più comuni, con relativi suggerimenti per evitarli.
Come succede per suini, bovini e volatili, anche la carne d’agnello non proviene tutta dalla stessa parte dell’animale, che incide invece sulle caratteristiche del taglio, rendendolo più o meno adatto a una determinata cottura. L’agnello, in generale, si presta soprattutto per essere preparato arrosto, alla griglia oppure bollito, in quanto si tratta tendenzialmente di una carne magra. I tagli che da tradizione si usano per le preparazioni al forno sono il carré, il cosciotto (intero è un grande classico) e la spalla, ovvero i tre più pregiati, che garantiscono una migliore resa in termini di tenerezza e succosità.
Se non sei un esperto, è opportuno affidarsi al macellaio affinché il pezzo di carne ti venga consegnato chiavi in mano, senza bisogno, quindi, di essere porzionato, disossato o rifinito. Non si tratta, infatti, di operazioni intuitive e, spesso, si rischia di compromettere il risultato di un piatto per aver maltrattato la materia prima. Un esempio? Come detto precedentemente, l’agnello è una carne magra, dove però sono presenti delle parti grasse, che possono andare dalla marezzatura sinonimo di qualità ai residui di cotenna, oppure c’è del tessuto connettivo, come la cartilagine. Distinguere e scegliere se devono essere lasciate (perché favoriscono sciogliendosi la morbidezza della carne) o eliminate, in quanto scarto, non è così immediato.
Attraverso la marinatura le fibre delle carni si ammorbidiscono e acquistano profumi delicati. Proprio perché l’agnello ha un sapore particolarmente deciso, che può risultare per alcuni troppo forte, così come l’odore, lasciarlo a riposo in un condimento è il metodo migliore per smorzare queste sue peculiarità, donando dei piacevoli sentori aromatici. Ogni marinatura ha bisogno di una parte acida (nel nostro caso l’alleato migliore è il vino), una parte oleosa, via libera a un buon olio extravergine d’oliva e una parte aromatica, composta da aglio, bacche di ginepro, pepe in grani, alloro, salvia, menta a seconda di quello che piace. Gioca d’anticipo e non ridurti all’ultimo: il tempo di riposo in frigorifero dovrà essere di una notte o comunque almeno di 3-4 ore. Se la personalità “selvaggia” dell’agnello non ti dà fastidio, marina ugualmente la carne per un’oretta, servirà a darle comunque qualche nota di freschezza in più.
Con la carne d’agnello il pericolo che diventi dura e stopposa è sempre dietro l’angolo: cuocerla quando è ancora fredda e in tensione potrebbe avere queste conseguenze. Calcola bene i tempi, estraendola dal frigo e facendo passare almeno un paio d’ore per farle raggiungere la temperatura ambiente. Il riposo, inoltre, è importante per lo stesso motivo anche dopo la cottura, così da permettere alle fibre di rilassarsi nuovamente: basteranno 5-10 minuti coprendo con carta alluminio.
Rosa e umido all’interno, con una bella crosticina esterna: la cottura perfetta dell’agnello dovrebbe portare a questa descrizione. Non ci sono regole generali per le tempistiche, in quanto dipende dalla grandezza dei pezzi, ma solitamente non si scende sotto i 45-50 minuti, che possono abbondantemente superare l’ora con un cosciotto intero. Munirsi di termometro è utile proprio per capire quando la carne è pronta anche al cuore, dai 65 °C ai 75 °C per averla media e ben cotta. Volendo si può procedere a una rosolatura preventiva in padella, per formare la tipica crosta superficiale, oppure direttamente in forno, con una temperatura maggiore per i primi 10-15 minuti (es. 200-220 °C ) e poi procedere in modo costante a 180 °C, con una chiusura al grill negli ultimi 3-4 minuti. Se si vuole approfittare di un’unica infornata, nella stessa teglia si possono anche aggiungere la patate: in questo caso valuta bene quando inserirle, dato che non devono stracuocere, perché in media ci mettono una decina di minuti in meno dell’agnello.