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9 Marzo 2025 18:00

Aglio, tutti i tagli che lo rendono più o meno forte

L'aglio quando viene tagliato genera composti odorosi che influiscono sul risultato finale della ricetta: per questo, lo stesso piatto non avrà il medesimo gusto se utilizziamo lo spicchio intero o la sua versione grattugiata. Vediamo perché.

A cura di Federica Palladini
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Notare che l’aglio cambia la sua intensità aromatica e gustativa a seconda di come viene impiegato all’interno di una preparazione è prima di tutto un fatto empirico: ci siamo accorti un po’ tutti, infatti, mentre si realizza una ricetta, che uno spicchio d’aglio intero non emana lo stesso profumo del medesimo spicchio quando viene tagliato. E c’è di più: a seconda di quanto viene sminuzzato, l’odore e il sapore diventano più forti, caratterizzando in modo distintivo la pietanza. Sappiamo quindi che accade, ma probabilmente non il perché: come spesso succede in cucina, ecco entrare in scena la scienza, nello specifico la chimica.

Aglio: perché e come cambia sapore quando si taglia

Nel modo più semplice possibile possiamo dire che: il tipico sentore dell’aglio fresco resta “dormiente” nel bulbo integro, ma si sviluppa in seguito alla rottura delle sue cellule (ovvero quando queste vengono danneggiate al momento del taglio). Ciò è dovuto alla presenza al suo interno di un amminoacido solforato, l’alliina, e di un enzima, l’alliinasi, che si attivano quando la struttura della pianta viene alterata, dando così origine all’allicina, la molecola responsabile dell’odore pungente dell’aglio (lo stesso avviene nella cipolla, con l’isoallinina che ci fa piangere). Maggiore è la superficie esposta al taglio del coltello o della grattugia, più rapido e importante sarà lo sviluppo di questa sostanza volatile, che ne amplifica la potenza gustativa. Abbiamo quindi su scala crescente:

  • Spicchio intero: il sapore delicato è presente, ma non invasivo. Sceglilo per ricette dove la nota aromatica deve restare tenue e venire fuori lentamente, come per esempio nelle lunghe cotture, tipo la salsa di pomodoro, un arrosto al forno o nelle zuppe.
  • Spicchio affettato: il sapore è moderato, presente in maniera decisa, ma non eccessiva. Le fettine sottili vengono solitamente usate con sapienza nella cucina asiatica, dove l’aglio dà il suo contributo senza prevaricare sul resto: per esempio sono l’ideale nelle ricette stir-fry, come verdure, crostacei e noodles saltati in padella. Altrimenti sceglile nelle marinature di carne e pesce o per arricchire salse e intingoli, tipo la salsa di soia.
  • Spicchio tritato: il sapore è forte, presente e ben definito. Si tratta del taglio per eccellenza delle base aromatiche dove l’aglio non passa inosservato: va bene come soffritto (attenzione a non farlo bruciare, o l’odore acre è irrecuperabile) nei sughi, in spezzatini, ma anche in salse per condimenti a freddo tipo il salmoriglio.
  • Spicchio schiacciato: si crea una specie di pasta d’aglio, dal sapore predominante, ma che si fonde facilmente con il resto degli elementi della ricetta. Si può creare questa consistenza quasi cremosa realizzando il pesto alla genovese, con il mortaio, ma anche frullando, oppure grattugiandolo per preparare una classica aglio, olio e peperoncino.
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Aglio: meglio con o senza “anima”?

Un altro aspetto spesso discusso riguarda la presenza del germe, ossia la parte centrale verdolina che si sviluppa all’interno dello spicchio: è consuetudine pensare che rimuoverlo renda l’aglio più digeribile, ma questa convinzione, in realtà, non ha prove scientifiche che la sostengono. Lasciare o meno l’anima, invece, si rivela un fattore legato al sapore, in quanto ha un gusto più marcato: se l’aglio deve essere impiegato crudo allora è preferibile eliminarla per ottenere un aroma più morbido, mentre se è cotto può invece contribuire a dare profondità.

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Quello che i piatti non dicono
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