Eccezionale scoperta storica a Pompei: un affresco perfettamente conservato nei secoli, nei quali è rappresentato del cibo. Compare una sorta di pizza: tutti in visibilio, ma non c'è niente di strano. Ecco perché.
Tutto il mondo ne sta parlando, in tanti stanno facendo congetture di varia natura a riguardo. Pochi giorni fa il ritrovamento di un affresco a Pompei, nascosto per tutto questo tempo da cenere e lapilli a seguito della famosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Un dipinto magnificamente conservato nel quale appare ciò che sembra un'antenata della pizza: una riscoperta che potrebbe portare indietro le lancette dell'invenzione della ricetta di molti secoli rispetto a quanto non si sia creduto fin'ora. Va detto: non sappiamo se effettivamente quella rappresentata sia o meno una pizza o pseudo tale, lo stesso Parco Archeologico di Pompei nel suo post mantiene il beneficio del dubbio, ("potrebbe essere un lontano antenato della pizza", dicono) ma in tanti si sono immediatamente sbilanciati per rivendicare e riaffermare, con gelosia, la paternità di tale ricetta e la sua appartenenza alla nostra gastronomia (messa in dubbio poco tempo fa dal professor Alberto Grandi).
Fatto sta: della riscoperta se ne parla anche all'estero, Sorbillo non ha perso tempo e in men che non si dica ha creato e messo già in carta la ‘Pizza Pompei‘, con topping ricco quanto variegato (e per certi versi anche un po' discutibile). Uno strato di spinaci, poi alici, melograno, noci, olive e come se non bastasse anche colatura di alici (considerata il discendente più diretto del garum romano). Abbinamenti e accostamenti a dire il vero un po' fantasiosi: non sappiamo con certezza se quella rappresentata sull'affresco sia una vera pizza, figuriamoci se possiamo sapere cosa ci fosse sopra. Quello di Sorbillo, insomma, sembra più un mappazzone marketing oriented di cibi particolarmente diffusi al tempo e sistemati su una base bianca senza nessi logici o motivi validi che vadano oltre il "Al tempo, qui, mangiavano queste cose". Il pizzaiolo napoletano ha insomma voluto, a suo modo, cavalcare il trend.
Il già citato garum, tra l'altro, era un prodotto a esclusivo uso delle nobiltà del tempo: difficilmente lo si poteva trovare disponibile per le strade, nel classico thermopolium (una sorta di bar-tavola calda ante litteram), ma era sicuramente più diffuso delle domus dei signori dell'epoca. I meno abbienti potevano utilizzare l'allec, una sorta di garum meno costoso, di qualità inferiore, realizzato sempre con le interiora fermentate dei pesci.
Provando però a orientarci tra i prodotti tipici di quel tempo, e di quel luogo, cerchiamo di immaginare da cosa potesse essere composto un ipotetico topping.
Si possono fare solamente delle supposizioni per quanto riguarda la composizione dell'ipotetica pizza rappresentata sull'affresco romano. Lo stesso Parco Nazionale di Pompei, tramite i suoi account social, nel post in cui parla dell'eccezionale ritrovamento avanza delle ipotesi a riguardo. L'account descrive, sempre tramite supposizioni, una "… focaccia di forma piatta che funge da supporto per frutti vari (individuabili un melograno e forse un dattero), condita con spezie o forse piuttosto con un tipo di pesto (moretum in latino), indicato da puntini color giallastro e ocra". In effetti, già dagli studi alle scuole elementari, si impara come tra i cibi dell'Antica Roma ci fossero focacce, molte delle quali condite con miele (utilizzato, tra l'altro, anche per addolcire il vino dell'epoca), frutta secca e verdure. Tutto l'hype degli ultimi giorni sarebbe più adatto per la riscoperta di un antico affresco perfettamente conservato, non tanto quindi per la raffigurazione di una pietanza che 2000 anni fa era comunemente quanto notoriamente consumata. Che poi non ci siano note altre raffigurazioni di questo tipo, questo è un altro discorso.
Fatto sta, però, tutti si sono strabiliati per una simil pizza, tra l'altro a una prima occhiata capace di ricordare quella già proposta da Cracco nel suo ristorante (seppur il pomodoro sia arrivato in Europa solo a seguito della scoperta dell'America).
Appurando comunque, per comodità, come quella sia una focaccia e tornando al topping della discordia, quali sono i prodotti che più verosimilmente sarebbero potuti apparire su un lievitato di 2000 anni fa? Tralasciando i cibi più strani dell'epoca i Romani consumavano molte verdure, così come parecchia frutta, sia fresca sia secca. Possibile quindi l'utilizzo di qualche vegetale, così come probabilmente di noci, particolarmente in voga nell'antica Roma. Che ci fosse anche del pesce? Dal vicino porto giornalmente arrivavano prodotti freschi, venduti anche tra le vie della città, per tutte le tasche e tutti i gusti. Le acciughe erano diffuse, una delle ricette più in voga le vedeva condite con aceto: la cosiddetta ‘scapece‘, dal nome del primo gastronomo della storia di cui abbiamo testimonianza, il romano Apicio. Oltre a frutta e verdura altre rappresentazioni murali a tema gastronomico rinvenute a Pompei vedono fichi, uva, aglio, cavoli, formaggi, diversi tipi di carne (da animali allevati o cacciati) e pani.
Proprio il pane era centrale nell'alimentazione del tempo: oltre 30 i forni tra le vie dell'antica Pompei, varie decine le tipologie di pani venivano prodotti localmente. La panificazione, insomma, era un'arte particolarmente diffusa, quindi comprensibile anche la realizzazione di diversi tipi di focacce. Tra queste, solo per citarne una, c'era la cosiddetta libum, una focaccia a base di formaggio e farina cotta su foglie di alloro, assumendone gusto e aroma.