Gli allevamenti marini possono essere considerati una valida alternativa alla pesca industriale? Ecco come sono fatti e quali sono quelli meno impattanti.
Quando pensiamo a come vengono allevati gli animali che mangiamo spesso dimentichiamo che in questo grande universo ci sono anche i pesci: la pesca industriale ha avuto e ha un impatto devastante sulla vita degli oceani, soprattutto negli ultimi 50 anni. L'acquacoltura è un'alternativa valida che può ridurre l'inquinamento marino? Di cosa si tratta esattamente e quanto inquinano gli allevamenti marini? Ecco tutto quello che devi sapere sul pesce che vai a comprare in pescheria o al supermercato e che proviene da allevamenti marini.
Molti non sanno che un terzo degli stock ittici mondiali è già sfruttato oltre il limite massimo sostenibile: il 60% delle riserve di pesce viene pescato a livelli decisamente insostenibili. Secondo i dati Fao che ogni due anni pubblica il report "The State of World Fisheries and Aquaculture" l’aumento considerevole della pesca (sia di animali allo stato selvatico, sia di animali allevati) ha toccato nel 2022 un record di 178 milioni di tonnellate di pescato a cui si devono aggiungere 36 milioni di alghe raccolte nel 2020. Non solo la pesca, ma anche l'impatto delle attività umane sulla terra inquina i nostri mari: António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, all’apertura dell’ultima Conferenza dell’Onu sugli Oceani a Lisbona (giugno 2022) ha dichiarato che la plastica potrebbe superare in peso tutti i pesci nell’oceano entro il 2050.
Ma perché la pesca industriale un impatto così pesante sui nostri oceani? Si tratta di una delle principali cause della perdita di biodiversità marina: si stima che ogni anno vengano catturate e uccise accidentalmente dai pescherecci tra 650 milioni e 1,5 miliardi di tonnellate di animali marini. Le attività di pesca industriale, come il dragaggio del fondo marino e l'utilizzo di esplosivi, distruggono gli habitat marini, che sono essenziali per la sopravvivenza di molte specie, assestando un colpo pesante alla biodiversità dei mari.
Tutto questo contribuisce al cambiamento climatico: non tutti sanno che gli oceani assorbono circa il 25% dell'anidride carbonica emessa nell'atmosfera. La distruzione degli habitat marini riduce la capacità degli oceani di assorbire l'anidride carbonica, accelerando il cambiamento climatico. Le navi da pesca industriale, infine, rilasciano nell'oceano inquinanti come petrolio, gasolio, idrocarburi e appunto rifiuti plastici: questi danneggiano gli ecosistemi marini e possono avere effetti negativi sulla salute umana.
L'acquacoltura, conosciuta anche come piscicoltura o pescicoltura, è la produzione di organismi acquatici in ambienti controllati dall'uomo. Si tratta di un termine generico che comprende tutte le forme di produzione di organismi acquatici, sia in acqua dolce sia in acqua salata. Può includere l'allevamento non solo di pesci, ma anche di crostacei, molluschi, alghe e altri organismi. L'allevamento marino, invece, si riferisce specificamente all'allevamento di organismi marini, quindi avviene solo in acqua salata.
L'acquacoltura può avvenire con sistemi diversi:
Per decenni l'acquacoltura è stato considerato un sistema alternativo alla pesca industriale perché può contribuire a ridurre la pressione di quest'ultima sui nostro oceani: ma questo dipende molto dal sistema che si attua. Alcuni sistemi intensivi, infatti, hanno delle gravi conseguenze in termini di inquinamento delle acque.
Se da un lato l'allegamento marino riduce l'impatto sulle varie specie ittiche, la cui biodiversità è sempre più a rischio, dall'altro lato rilascia nell'ambiente nutrienti, antibiotici e altri prodotti chimici che possono danneggiare gli ecosistemi acquatici e comportare la distruzione di mangrovie, barriere coralline e altre zone costiere importanti per la biodiversità. Gli allevamenti ittici ad alta densità possono essere focolai di malattie che possono diffondersi ai pesci selvatici: un elemento da non sottovalutare.
Inoltre, l'allevamento marino è stato spesso causa di introduzione delle specie aliene, cioè non native, cosa che comporta conseguenze importanti sulle specie locali. Infine, la produzione di mangime per i pesci d'allevamento può richiedere la pesca di pesci selvatici, in particolare quelli destinati alla produzione di farina e olio di pesce.
Tutto questo riguarda alcuni tipi di allevamento: al contrario, gli allevamenti gestiti in modo sostenibile, con pratiche che riducono l'inquinamento, l'uso di antibiotici e la distruzione degli habitat, possono avere un impatto minore sull'ambiente rispetto ad altri tipi di allevamento.
Gli allevamenti marini, esattamente come quelli degli animali che pascolano, possono essere sia di tipo intensivo sia di tipo estensivo.
L'allevamento intensivo prevede che i pesci vengano allevati i in gabbie o vasche con un numero elevato di esemplari per unità di volume. In questi casi abbiamo un elevato controllo dell'ambiente (ossia l'alimentazione, la qualità dell'acqua e altri parametri ambientali vengono gestiti attentamente per ottimizzare la crescita dei pesci) e l'uso di mangimi artificiali (i pesci vengono nutriti con mangimi a base di farina e olio di pesce, integrati con vitamine e minerali). L'obiettivo è massimizzare la produzione di pesce nel minor spazio possibile.
Esistono vari sistemi di allevamenti intensivi: gli allevamenti in gabbie galleggianti, allevamenti in vasche a terra, sistemi di ricircolo e acquacoltura integrata (sistema che combina l'allevamento di pesci con altre attività agricole, come l'allevamento di animali o la coltivazione di ortaggi).
Naturalmente, questo tipo di allevamenti ha un impatto importante sulla salute dei nostri mari e di tutto l'ecosistema marino:
Al contrario gli allevamenti estensivi prevedono una bassa densità di pesci, che vengono allevati in aree più ampie, con un minor numero di individui per unità di volume. L'ambiente di allevamento è meno controllato rispetto agli allevamenti intensivi, con una maggiore influenza di fattori naturali, mentre i pesci si nutrono di alghe, plancton o altri organismi presenti nell'ambiente di allevamento. Qui l'obiettivo è, naturalmente, quello di promuovere una produzione che riduca l'impatto ambientale.
Se vuoi comprar pesce da allevamenti marini, ma ti vuoi assicurare che il tuo prodotto venga da un sistema sostenibile, esistono diverse etichette che possono aiutarti a capire da che tipo di allevamento viene il pesce che ti appresti a comprare. Ecco alcune delle principali etichette:
Ricorda che sulle etichette "tradizionali" deve essere comunque specificata tutta una serie di informazioni: zona di cattura o di allevamento, il metodo di pesca o di allevamento e il nome scientifico della specie ittica.