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21 Gennaio 2025 16:00

Acqua della tisana: c’è una temperatura corretta?

Quando stai per prepararti una tazza di tisana non sottovalutare la temperatura dell'acqua: a seconda delle piante, delicate o coriacee, le sostanze bioattive si estraggono in modo diverso. Ne abbiamo parlato con l'esperto.

A cura di Federica Palladini
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Intervista a Dott. Daniele Giacalone
Biologo nutrizionista
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Ci sono tisane drenanti, rilassanti, digestive, espettoranti, detox, calmanti: una tazza al mattino, a metà giornata, o alla sera può portare benefici per l’organismo. “Dalle erbe, dai fiori, dalla frutta, dalle piante in genere, si estraggono sostanze bioattive dette accessorie: non sono strettamente necessarie alla salute dell’uomo, come i principi nutritivi quali carboidrati, proteine, grassi, ma svolgono ugualmente funzioni regolatrici”. Così ci dice il dottor Daniele Giacalone, biologo nutrizionista che ai suoi pazienti una bella tisana la consiglia, magari prima di intervenire con nutraceutici e integratori: “Dai rimedi della nonna fino ad arrivare alle deduzioni scientifiche tisane, infusi, decotti, si sono sempre utilizzati: per esempio, c’è una certa ritenzione idrica? Allora suggerisco delle tisane al tarassaco e all’asparago, prima di arrivare a un diuretico farmacologico. Oppure liquirizia e rafano sono depurative, hanno proprietà antiossidanti e favoriscono l’eliminazione dei radicali liberi. Ancora, finocchio, mela, menta sono rinfrescanti, lenitive, facilitano la digestione”. Come sfruttare al meglio le capacità di questi vegetali? La temperatura dell’acqua gioca un ruolo importante: ci sono tisane che hanno bisogno di bollire e altre che potrebbero, invece, rovinarsi se si superano i 100 °C. Entriamo nel dettaglio con l’aiuto dell’esperto.

Tisane e temperatura dell’acqua: come regolarsi

Le piante non sono tutte uguali: così come hanno effetti diversi sul nostro corpo, allo stesso tempo si differenziano per struttura e composizione chimica. Perché è importante usare la giusta temperatura dell’acqua in una tisana? “L’estrazione delle sostanze bioattive è un processo fisico: se l’acqua è troppo calda certe potrebbero distruggersi, se troppo fredda potrebbero non esplodere”. In linea di principio, quindi, si può fare la distinzione in vegetali dalla struttura erbacea più delicata e più coriacea. Spiega Giacalone: “Nel primo caso, tipo la menta, la melissa, la stevia, che sono sensibili, l’acqua non deve essere portata a temperature eccessive: sfioriamo i 100 °C, quindi l’ebollizione, ma non la superiamo, perché andrebbe a demolire le strutture vegetali. Nel secondo caso, ci riferiamo a vegetali come il cardo o il finocchio, che contengono più cellulosa, possiamo agire con temperature più spinte, portando a ebollizione anche per diversi minuti: infatti si prestano anche a decotti”.

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Perché si usa l’acqua calda?

Più l'acqua è calda, più aumenta il numero di cellule che si vanno a degradare e quindi la quantità di principi attivo che si riesce a utilizzare. Però, sottolinea l’esperto “se si eccede in temperatura e in tempi di infusione nelle piante troppo delicate, si va a snaturare pure la composizione chimica dell'estratto”. In linea generale, per l’estrazione, il consiglio è quello di non superare i 5 minuti post ebollizione con le piante più coriacee e grossolane: “Se devo fare una tisana con le foglie di alloro essiccate, porto a ebollizione e poi posso fare stare insieme alle bucce di limone per 3-5 minuti, tanto che queste ultime iniziano a scolorire: in questo modo estraggo più materiale possibile” Con le piante delicate ci si può comportare così: “Teniamo a bada la temperatura: ci fermiano appena iniziano ad affiorare le bollicine”. In una situazione prettamente estiva, inoltre, menta o melissa sono vegetali la cui estrazione si può svolgere anche a freddo. “Partendo da acqua tiepida le sostanze bioattive vengono fuori ugualmente, così da poter mettere la tisana nel frigorifero e lasciare in infusione per diverse ore a seconda dell’intensità desiderata”.

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