L’accostamento cibo-vino è un’arte difficile ma contemporaneamente un gioco appassionante. Si chiama pairing e non bisogna essere necessariamente dei sommelier per trovare l'abbinamento giusto. Con un po’ di attenzione e di esperienza, infatti, si possono raggiungere risultati che permetteranno al cibo e al vino di valorizzarsi a vicenda. Ecco le regole base da seguire per diventare esperti del pairing.
È tutta questione di coppia. E può essere per assonanza o discordanza, ma il cibo chiama vino e viceversa. Si può andare a intuito o abbinare quello che si ha in casa, magari chiudere gli occhi e scegliere un cibo e un'etichetta, lasciando fare al caso. Tutto è permesso negli abbinamenti – tecnicamente pairing – ma è altrettanto giusto sapere che le regole ci sono ed è possibile creare una ricetta pensando al vino che si ha voglia di bere, così come si può scegliere una bottiglia in base a ciò che ci va di mangiare. Un ottimo abbinamento cibo-vino crea un equilibrio divertente e, per quanto sia abbastanza complesso la faccenda, le basi sono semplici da comprendere. Detto questo, il consiglio è: apprendi le regole per poi infrangerle! Lì comincerai a divertirti sul serio.
Partiamo da alcuni consigli standard che vi aiuteranno a fare i primi passi nel mondo del pairing. Meglio che il vino sia più acido del cibo, così come è meglio che il vino sia più dolce di ciò che c'è nel piatto. Sull'intensità bisogna puntare a un equilibrio: i vini rossi si abbinano meglio a carni dal sapore deciso, mentre i bianchi andranno più d'accordo con carni leggere (che sia pesce o pollo).
Quando la salsa è dominante è questa che va accordata con il vino. Infine, se vi piace giocare per discordanza i vini bianchi, frizzanti e rosati fanno di solito al caso vostro, i rossi invece giocano meglio la partita della congruenza.
A questo punto si pone la scelta: preferiamo abbinamenti congruenti o contrastanti?
E quanti sono i gusti che conosciamo? La scienza dice più o meno una ventina, ma se parliamo di abbinamento cibo-vino è sufficiente concentrarsi su sei gusti: salato, acido, amaro, dolce, grasso, speziato (che vuol dire anche piccante).
Partiamo dal vino: da qui è più facile concentrarsi sulle componenti di acidità, dolcezza e amarezza. Non è così difficile riscontrare anche sensazioni salate e speziate, ma di certo non sono le peculiarità dominanti. Passiamo al cibo, dove la cosa più semplice è scomporre il piatto che mangiamo nelle sensazioni gustative dominanti.
Facciamo qualche esempio? Un piatto di pasta al forno ha la tendenza dolce della pasta, l’acidità del pomodoro, la componente salata e anche una parte grassa, data da una salsa legante come la besciamella. Tutto questo può sembrare poco “romantico”, ma vi aiuterà a formulare le giuste combinazioni con le etichette che vi interessano. Con la pasta al forno un bianco dalla buona acidità aiuta a “sgrassare”, come un Sauvignon Blanc, un Verdicchio dei Castelli di Jesi, un Fiano di Avellino.
Se preferite un rosso potete optare per un Chianti Classico, una Barbera o un Aglianico, possibilmente con poca presenza di legno (cioè il passaggio in botte). Se invece cercate la congruenza uno Chardonnay sarà la scelta ottimale, perché la morbidezza del vino ben si sposa alla grassezza del piatto. Tra i rossi sarà bene scegliere una bottiglia non troppo tannica, per evitare che l’amarezza dei tannini vada in conflitto con la dolcezza del piatto.
Vogliamo provare a osare? Divertiamoci un po’ con qualcosa di più sofisticato. Se ci piace che la nostra pasta abbia una bella crosticina da forno, ci può stare bene uno Syrah o un Ciliegiolo, due vitigni che hanno un gusto leggermente speziato di pepe, che rimanda alla sensazione di affumicatura. Se la base di pomodoro è importante – e dunque l’acidità è ben presente – si può tentare con un Riesling, dove la parte dolce contrasta la parte acida del pomodoro e al contempo l’acidità del vino compensa la grassezza del piatto.
Proviamo a buttar giù un vademecum, magari un foglio da attaccare al frigorifero per avere qualche regola generale sempre sott'occhio.
Non parliamo del loro peso specifico, ovviamente. Per peso si intende il corpo, la struttura, la complessità – alcol, tannini, colore, invecchiamento. Prenderne consapevolezza significa andare al di là delle classiche coppie vino bianco/pesce, vino rosso/carne. Lo spettro aromatico e gustativo dei vini di oggi è ben più complesso di qualche tempo fa. Questa loro pluri-dimensionalità accresce le difficoltà di abbinamento, ma rende anche più divertente i tentativi. A grandi linee però possiamo osservare una scala d'intensità che va dai vini più leggeri a quelli più importanti, sia per i bianchi che per i rossi.
leggeri: Orvieto, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Prosecco
da leggero a medio: Chenin Blanc, Gewürztraminer secco, Riesling secco
medio con sentori erbacei: Grüner Veltliner, Sancerre o Pouilly-Fumé, Sauvignon Blanc,
medio tendente al minerale: Arneis, Cava, Champagne e altri spumanti secchi, Chablis (o altro Chardonnay non legnoso), Falanghina, Gavi, Greco di Tufo, Vermentino
pieno e cremoso: Chablis in legno, Chardonnay siciliani, bianchi del Rodano, Viognier
leggeri: Beaujolais (o altro Gamay), Valpolicella (non Amarone), Piedirosso
medi (con acidità e tannini): Barbera, Cabernet Franc, Chianti, Grenache, Pinot Nero (Oregon, Nuova Zelanda)
da medio a pieno: Bordeaux, Brunello di Montalcino, Malbec , Merlot
pieno e tannico: Barolo, Barbaresco, Amarone, Primitivo, Cabernet Sauvignon , Nero D’Avola, Taurasi