Per la giornata mondiale dei cocktail andiamo a vedere 8 falsi miti sui drink che davamo per scontato. Curiosità e luoghi comuni da sfatare al bancone del bar.
Il 13 maggio si festeggia la giornata mondiale del cocktail, una "ricorrenza" istituita negli Stati Uniti che da qualche anno celebriamo anche in Italia. Una scusa per incontrarsi e bere un buon drink in compagnia e senza esagerare. La data non è scelta a caso: il 13 maggio 1806 leggiamo per la prima volta la definizione di cocktail su un famoso tabloid di New York. Scrive Harry Croswell: "Il cocktail è un liquore stimolante, composto da aromi di qualsiasi tipo, zucchero, acqua e amari". Da allora di strada ne è stata fatta e ormai quel termine è diventato di uso comune e tutti sanno cosa significa. Il fenomeno della miscelazione sta avendo sempre più spazio nel nostro Paese, che resta una delle nazioni in cui si beve meno in Europa a causa delle tradizioni che ci fanno propendere verso il vino. Vediamo insieme di sfatare i più importanti falsi miti sui cocktail per celebrare adeguatamente la World Cocktail Day.
Come scegliere, degustare e riconoscere un buon drink? La mixology è argomento complesso perché spesso diamo per scontato delle cose che vere non sono. Guardiamo con sospetto i cubetti di ghiaccio e disdegniamo i cocktail nei bicchieri piccoli perché ci sentiamo fregati. Questi sono solo pochi esempi di errate convinzioni che abbiamo su questo tema. Cerchiamo di fare chiarezza sulle credenze più comuni.
I cocktail con tanto ghiaccio non sono annacquati, anzi è proprio il contrario. L'abbondante quantità di ghiaccio crea una sorta di "effetto iceberg" che tiene la bevanda al fresco per più tempo, rallentando la diluizione. La diluizione è importante e non va confusa con "l'annacquamento". L'acqua crea infatti il giusto equilibrio che dobbiamo sempre cercare in un buon cocktail. Il ghiaccio è nostro amico, non trattiamolo male.
Il cocktail non si restringe se il bicchiere è piccolo. Ovviamente le quantità sono diverse ma non variano nemmeno di così tanto come si pensa. Ogni drink ha i suoi ingredienti e le dosi corrette per risultare equilibrato. Prendiamo ad esempio due cocktail molto famosi come il Cosmopolitan, da servire rigorosamente in coppetta, e il Long Island Ice Tea, da servire in un bicchiere capiente e molto lungo. Il Long Island è uno dei drink più "lunghi" che ci siano e ogni bicchiere contiene circa 12 centilitri di liquidi (di cui la metà sono alcol); il "Cosmo" invece ha 10 centilitri totali, di cui 7 sono di alcol. Se vogliamo andare ancora più a fondo in questo falso mito ti dico un'altra curiosità: il Long Island, pur avendo una buona parte di cola, pur essendo il classico drink beverino da discoteca, ha una gradazione alcolica intorno ai 28% vol, è uno dei cocktail più "pesanti" al mondo; il Cosmopolitan, pur avendo il 70% della composizione composta dalla vodka, ha 22% vol. Non è tutto semplice come ci appare agli occhi.
Questa frase potrebbe non essere così saggia. Esistono cocktail dolci con un alto grado alcolico e cocktail amari più leggeri o viceversa. Il Garibaldi è un cocktail delizioso e tendenzialmente amaro ma ha solo 6,5% vol, quanto una birra e molto meno del vino. Dolcezza e amarezza sono solo due caratteristiche, non influenzano in alcun modo il tenore alcolico del drink. Se vuoi una bevuta più leggera affidati al bartender specificando questa richiesta, sicuramente saprà aiutarti, oppure scegli un mocktail, una delle tendenze più interessanti degli ultimi anni.
Il segreto di un cocktail perfetto sta nell'equilibrio dei suoi ingredienti: base alcolica, giusta diluizione, guarnizioni, temperatura. L'alcol in un grande drink non deve sentirsi né più né meno degli altri ingredienti. Tutto deve essere bilanciato e amalgamato alla perfezione. Una presenza pungente, quasi invadente dell'alcol, è quasi sicuramente dovuta a un'esecuzione sbagliata del bartender. Chiederlo "bello carico" non è elegante e ci assicura una bevuta orrenda. Tanto vale prendersi un distillato liscio.
Siamo abituati a vedere lo Spritz di un colore arancione acceso ma il colore del drink è dovuto solo al bitter usato. La versione più celebre è quella con l'Aperol, un bitter ottenuto dall'infusione di erbe, radici e tante arance che donano molto colore alla bevanda. Alternativa più comune è quella col Campari (curiosamente fanno parte della stessa azienda madre), in questo caso abbiamo uno Spritz di un arancione più scuro. Altra versione molto celebre è con il Select, il bitter più classico, quello che per i veneziani dovremmo tradurre con "la vera ricetta": in questo caso il colore è molto più scuro e molto lontano dalle note aranciate a cui siamo abituati. Chiedi sempre gli ingredienti utilizzati e trova la tua ricetta preferita, basandoti sul sapore e non sul colore del drink.
Falso mito molto comune ma in realtà la "tipologia" di alcol non influisce in alcun modo sulla nostra sbronza. Ubriacarsi e stare male non è mai una buona idea, abbiamo visto che anche un solo bicchiere di vino al giorno ha un'incidenza di rischio, ma provare a evitarlo bevendo solo whisky o solo rum (ad esempio) non ci porta alcun tipo di risultato. Se non ti piace mescolare gin e vodka va bene, se non li bevi insieme per paura di andare in hangover è tempo perso. La sbronza è dovuta a vari elementi e moltissimi composti. Se l'alcol è di qualità non c'è alcun tipo di incidenza data dalla "miscelazione". Se non vuoi i sintomi della sbronza però l'unico modo è bere responsabilmente.
Le cannucce sono un enorme problema e danno per l'ambiente. Non vanno usate se non in rarissimi casi. La cannuccia toglie qualcosa al drink dal punto di vista olfattivo, dell'esperienza. La distanza tra la bocca, il naso e il bicchiere è superiore quindi non senti molti degli aromi del cocktail. In un bar che si rispetti, la cannuccia viene servita solo in determinate occasioni: quando ordini una Caipirinha o una Caipiroska ad esempio, ovvero con i cocktail che necessitano di ghiaccio tritato oppure in quei drink con ghiacci sgretolati a mano perché si potrebbero congelare le labbra o mangiare involontariamente dei pezzettini di ghiaccio. Solo e soltanto con questo tipo di ghiaccio (non particolarmente amato nel mondo della mixology) si usano le cannucce, perché le minuscole gemme di acqua congelata, quando si beve un drink, risultano ingombranti. In ogni altro caso la cannuccia è inutile, anzi è sconsigliata per una degustazione corretta e soddisfacente.
Quante volte hai visto il bartender frustarsi la mano con un mazzetto di menta e poi gettarlo nel fondo del bicchiere prima di pestare la menta? Molti sono davvero convinti che il Mojito si faccia così ma nulla di più sbagliato. Nel cocktail cubano la menta va mescolata, non va assolutamente pestata. Questa cosa la sapevano bene i primi miscelatori che già nei libri di inizio Novecento erano chiari su questo punto, poi qualcosa è andato storto. Probabilmente il cambio di rotta è dovuto a un errore di percezione dei locali sudamericani del secolo scorso. Il Brasile diventa meta turistica mondiale, tutti bevono Caipirinha e l'industry si convince che il "pestaggio" funzioni un po' ovunque. In questo caso abbiamo anche tanti ingredienti in comune, come lime e zucchero. A causa di questa moda abbiamo sostituito per tanti anni il ghiaccio a cubetto o a Collins con il ghiaccio a scaglie. Tutto a causa della Caipirinha. In realtà un Mojito a regola d'arte si fa con dei cubetti di ghiaccio solidi, con della buona menta che va rigorosamente mescolata così da farle rilasciare tutti i sapori, e con lo zucchero di canna ma bianco. Altro errore comune o bufala che dir si voglia vede proprio lo zucchero di canna scuro "per simulare la spiaggia". La versione originale prevede zucchero sì di canna ma bianco perché si scioglie più rapidamente.