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25 Dicembre 2021 13:00

A Napoli non si finisce mai di mangiare: ecco il tipico menu del pranzo di Santo Stefano

Minestra maritata, manfredi con la ricotta, noccioline, frutta, dolci, taglieri di salumi: chi più ne ha, più ne metta. Il pranzo di Santo Stefano a Napoli è tutt'altro che "detox".

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Se pensate che dopo i bagordi della Vigilia, tra la pizza fritta e gli spaghetti con le vongole, e di Natale, con sartù di riso e insalata di rinforzo, a Santo Stefano la città di Napoli alzi bandiera bianca, vi sbagliate di grosso. Il 26 dicembre è importante per la cristianità, è il giorno di Santo Stefano ed è considerato "la prima festa": nei giorni immediatamente successivi alla nascita di Gesù, infatti, vengono ricordati i primi martiri e tutti coloro che gli furono vicini nella sua vita terrena. Anche il 26 dicembre ha una sua tradizione culinaria a cui non si deve rinunciare: in molte città italiane si consumano gli "scarti" delle giornate precedenti ma a Napoli no, c'è un menu tradizionale anche per quella che è immancabilmente chiamata ‘a primma festa.

Il menu di Santo Stefano nelle case dei napoletani

Come per le festività del 24 e del 25 dicembre, anche Santo Stefano ha la propria "vocazione" gastronomica. Non c'è l'abbondanza tipica dei pasti precedenti ma dall'antipasto ai dolci tutte le portate hanno una propria valenza e una bella dose di calorie.

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L'antipasto tipico di Santo Stefano a Napoli è identico a quello di Pasqua: a fellata, un tagliere di affettati misti, formaggi, olive, conserve di verdure: prodotti spesso di recupero, perché in molte case anche a Natale si comincia così. Altro piatto in comune tra Pasqua e Santo Stefano è la minestra maritata, la regina delle zuppe campane, un piatto con cicoria, scarulelle (la scarola), verza, borragine, che gli conferisce una nota amarognola, e la catalogna; la carne tipica è invece quella di maiale, con i tagli di minor pregio, come tracchie (chiamate anche puntine, costolette o spuntature), salsicce e altre tipologie. Questo tipo di antipasto divide le famiglie napoletane in tre grandi gruppi:

  • le famiglie iper tradizionali, che mangiano la minestra maritata solo ed esclusivamente a Pasqua, disprezzando chi mischia le tradizioni;
  • le famiglie tradizionali (ma non troppo) che la mangiano anche a Natale;
  • le famiglie un po' tradizionali, che apprezzano la minestra maritata, vogliono mangiarla anche in questo periodo e la fanno a Santo Stefano.

Il primo piatto è invece leggendario e unitario: i manfredi con la ricotta dominano le tavole dei napoletani e sono il piatto principale della giornata. La loro origine è mistica e leggendaria: furono inventati nel 1250 in onore del re Manfredi di Svevia, ultimo sovrano della dinastia sveva del Regno di Sicilia. In un viaggio a Benevento, città in cui sarebbe poi morto in battaglia per mano degli Angioini, trovò un piatto a lui dedicato: un nuovo formato di pasta, chiamato proprio "Manfredi" (che col tempo sono diventati mafaldine, tripoline o reginette), conditi con una passata di pomodoro e il suo formaggio preferito, ovvero la ricotta.

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Il secondo piatto è nuovamente motivo di "discussione": si tratta delle scarole ‘mbuttunate e tra i motivi del contendere, oltre al ripieno, c'è proprio il giorno in cui va consumata. Per molte persone, infatti, la scarola fa parte delle portate della "devozione" della Vigilia di Natale, per altri è un comodo secondo piatto da mangiare a Santo Stefano perché leggero e facile da fare.

La scarola ripiena è un piatto di origini contadine, la scarola viene lessata e poi condita con olive nere, pecorino, pinoli, uvetta, capperi e (per chi volesse) acciughe. Se vi state chiedendo dov'è che avete visto già questi ingredienti tutti insieme, avete davvero un buon occhio: sono gli stessi ingredienti della pizza di scarole. Il piatto è molto riconoscibile perché la verdura viene legata con uno spago spesso e poi cosparsa di pangrattato, così da creare una leggera crosticina esterna. Le famiglie che hanno spostato questo delizioso piatto al 26 dicembre lo hanno fatto proprio per la "somiglianza" con la celebre pizza della vigilia di Natale.

Per finire il pranzo del 26 dicembre ecco arrivare frutta, dolci (gli stessi dei giorni precedenti) e il celebre spassatiempo, cantato magnificamente da Massimo Ranieri nella "Rumba de' Scugnizzi": pistacchi, nocciole, noci e arachidi, da sgranocchiare nell'ultimo pomeriggio della tre giorni gastronomica più probante che ci sia in Italia.

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Quello che i piatti non dicono
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