Cosa si intende per indice e carico glicemico? Facciamo chiarezza su questi due concetti, cercando di capire anche cosa provoca i picchi glicemici e come poterli evitare.
Prima di affrontare la questione del carico e dell'indice glicemico, è bene capire, seppure a grandi linee, cosa sono i carboidrati. Fonte energetica essenziale, sono dei macronutrienti fondamentali per il nostro organismo (come le proteine e i lipidi, impropriamente definiti grassi), da introdurre in grandi quantità. Dal punto di vista chimico sono delle sostanze formate da atomi di carbonio, idrogeno e ossigeno, contenute principalmente negli alimenti di origine vegetale (cellulosa e amido), ma largamente rappresentate anche nel mondo animale (glicogeno).
Ai fini nutrizionali, è utile distinguere tra carboidrati semplici e complessi:
In media forniscono circa 4 calorie per grammo e, data la loro rapidità di assimilazione, rappresentano una fonte energetica di pronto utilizzo: sono, infatti, fondamentali per supportare e "nutrire" muscoli, organi e cervello. Tuttavia i carboidrati non sono tutti uguali e ciascuno di essi ha un impatto differente sul nostro organismo: e qui entrano in gioco i concetti di indice e carico glicemico.
Qualunque alimento contenente carboidrati produce un determinato effetto, quello di innalzare immediatamente il livello degli zuccheri nel sangue che dal cibo vengono trasferiti nel nostro sangue. Quando questi vengono messi in circolo, si raggiunge il cosiddetto picco glicemico, ovvero il valore massimo di innalzamento della glicemia provocato da uno specifico cibo: più alto è il valore, peggiori saranno le complicazioni per il nostro organismo. Se capita saltuariamente, siamo perfettamente in grado di farvi fronte; al contrario, se la cosa fosse molto più che occasionale, esponendoci a continui picchi glicemici, rischieremmo che la risposta da parte dell'insulina – la cui funzione principale è di abbassare i livelli di zucchero nel sangue – possa perdere man mano di efficacia.
L'insulina è, dunque, un ormone secreto durante i pasti che ha la funzione di abbassare la quantità di glucosio. Quando le cellule del nostro corpo non sono più in grado di rispondere a questo ormone, parliamo di insulino-resistenza, quella condizione che, a sua volta, è fattore di rischio di numerose patologie come ipertensione, diabete, obesità, sindrome metabolica e patologie neurodegenerative. L'insulino-resistenza si correla anche ad altri disturbi, senz'altro meno pericolosi, ma da tenere ugualmente sotto osservazione: tra questi, ovaio micropolicistico, stanchezza, astenia, stati depressivi e abbuffate compulsive. Sì perché la conseguenza principale di una glicemia "ballerina" è proprio la continua sensazione di fame. Una colazione sbilanciata, uno snack a base di soli carboidrati o un pasto in cui non siano presenti i giusti macro (carboidrati, proteine e lipidi) e micronutrienti (vitamine, sali minerali e fibre) ci condurrà in un circolo vizioso senza fine.
Vediamo nel dettaglio cosa si intende per indice e carico glicemico. Il primo indica la velocità con cui gli zuccheri contenuti in un alimento si riversano nel sangue: più questo è alto, maggiore sarà il picco glicemico che provocherà. Sulla base di questo dato, è possibile suddividere gli alimenti in tre grandi gruppi:
Più che all'indice glicemico, è importante fare attenzione al carico glicemico di un alimento – ovvero la velocità con cui gli zuccheri si riversano nel sangue tenendo conto della quantità di carboidrati per porzione – e soprattutto di un pasto nel suo complesso. Grazie a questo secondo valore siamo in grado di valutare il reale effetto che ha un determinato cibo sul nostro organismo: basti prendere ad esempio lo zucchero e la zucca, vegetale con un indice glicemico piuttosto alto che oscilla tra i 65 e i 75 in base alla tipologia; detto questo, potrebbe sembrare che entrambi i cibi producano lo stesso risultato: nulla di più sbagliato. In cento grammi di zucca, infatti, sono contenuti 3,5 grammi di carboidrati, mentre in cento di zucchero ne troviamo cento di carboidrati; per raggiungere la medesima quantità con l'ortaggio ne dovremmo consumare ben tre chili.
Esistono poi delle differenze se l'alimento viene cotto o crudo: l'indice glicemico aumenta leggermente di più nel primo caso perché gli zuccheri contenuti in esso diventano immediatamente disponibili.
C'è poi un altro valore da tenere in considerazione: è l'indice insulinemico, ovvero la capacità di un alimento di stimolare la produzione di insulina; anche quei cibi composti prevalentemente da proteine o grassi posseggono questo indice. Come già detto, l'insulina viene secreta durante i pasti con la funzione di abbassare la quantità di glucosio in circolo; a rigor di logica, questa dovrebbe essere prodotta quando si consumano esclusivamente dei carboidrati, ma le cose non stanno così: degli studi scientifici hanno, infatti, dimostrato che anche alcuni aminoacidi e acidi grassi sono in grado di stimolarne la produzione. Ne consegue che anche un pasto composto esclusivamente da proteine e, per esempio, verdure a basso indice glicemico, non è la scelta più saggia da compiere.
In assenza di zuccheri alimentari, infatti, l'insulina abbasserà oltre la soglia minima il nostro livello di glicemia basale, contribuendo a farci sentire stanchi, affaticati, letargici e affamati. Spinti da una fame compulsiva e irresistibile, finiremo per addentare la prima cosa che ci capita sotto gli occhi. Per questa ragione, anche nel caso in cui si voglia intraprendere una dieta volta al dimagrimento o al controllo dei livelli glicemici, non si dovrebbero mai eliminare totalmente i carboidrati. Un pasto completo e ben calibrato, con una piccola quota di carboidrati e la giusta quantità di proteine e grassi, è senz'altro la scelta più funzionale a qualunque obiettivo di salute, ma anche estetico (nel caso in cui si voglia perdere qualche chiletto).